mercoledì 13 gennaio 2016

Il giornale indipendente Fatto Quotidiano

Il giornale che "non fa sconti a nessuno" ha deciso -- visto il momento delicato -- di tornare alle origini. Censura, e ancora censura.



Dove siano violazioni al codice dei commenti del giornale in questo commento non è dato sapersi. Di sicuro insultare un' intera categoria di politici, militanti e simpatizzanti passa lo standard dei commenti (eh beh, essendo una Verità rivelata del Guru non di discute).




mercoledì 6 gennaio 2016

Le origini del terrorismo in Italia - terza parte -

Le brigate rosse


["La notte della repubblica" Sergio Zavoli]

Le Brigate Rosse sono state l'organizzazione rivoluzionaria e terroristica più longeva e spietata che abbia operato in Italia nel periodo denominato "anni di piombo". Di ispirazione marxista-leninista e di estrema sinistra si dotò di una organizzazione efficiente e clandestina che la portarono a diventare presto un modello ineguagliato anche a livello europeo. Quello che si sa di questo gruppo terroristico lo si è appreso nel tempo per mezzo delle sentenze dei tribunali, delle commissioni d'inchiesta parlamentare e -- soprattutto -- delle dichiarazioni rese dai "pentiti". Una delle poche questioni su cui c'è una certa sicurezza è l'origine ideologica.

Le BR sono nate da una mescolanza di tre principali "fonti ideologiche" che ebbero anche tre diverse connotazioni geografiche. La prima fonte è Milano, con le prime multinazionali insediate nel territorio e il conflitto operaio giunto ad un livello altissimo; leader indiscusso di questo fronte -- chiamiamolo operaista -- è Mario Moretti, lavoratore della Sit-Siemens. Il secondo crebbe e si sviluppò nel veneto ed in special modo nella ormai famosa università di sociologia di Trento dove studiarono altri due capi storici del gruppo terroristico, Mara Cagol e Renato Curcio. In questa università umanistica si ebbe la originale auto-contestazione degli studenti che si ritenevano "strumenti nelle mani della classe dominante"; in pratica si videro come futuri "ingegneri sociali" che -- allo stesso modo dei tecnici delle aziende moderne -- avrebbero dovuto ingegnerizzare e rendere produttivo (per gli scopi capitalistici) anche il cittadino fuori dalle fabbriche, nella sua vita quotidiana. Il terzo venne dalle campagne e piccole città dell'Emilia Romagna, dai fuoriusciti del partito dominante della zona -- il PCI -- con cui erano in aperto contrasto, come Alberto Franceschini e Prospero Gallinari; questi erano la "memoria storica" e l'avanguardia ideologica delle BR.


["La notte della repubblica" Sergio Zavoli]

Ma perché le BR hanno avuto così tanto successo propagandistico e militare? Cosa avevano di diverso dalla pletora di movimenti di estrema sinistra che -- anche loro -- non disdegnavano l'uso della violenza?
La risposta -- ma è una mia opinione personale -- è più semplice di quanto si possa pensare. All'apparenza si potrebbe rispondere che la durata e la quantità di individui che sapeva "arruolare" questo gruppo era dovuta all'organizzazione e alla ricerca maniacale per i dettagli allo scopo di evitare pericoli provenienti dall'esterno. Ma la singolare organizzazione delle BR fu un effetto derivato da una causa principale, esattamente come la scelta della clandestinità fu un effetto fatale causato dalla ricerca spasmodica nell'evitare ogni possibile pericolo esterno e infiltrazioni. 

Questa causa principale fu la chiarezza dell'obiettivo dichiarato: la presa del potere dello Stato. 

Le brigate rosse -- in aperto contrasto con gli altri movimenti che definiva spregiativamente parolai e inconcludenti -- si proponeva la costruzione di un partito armato. Fu questa la differenza abissale con altri gruppi anche di un certo seguito come Prima Linea e Autonomia Operaia; tutti -- ma proprio tutti -- i movimenti si dichiaravano tali e non accettavano un irrigidimento dei loro militanti in forme che ricalcassero le forme partitiche.

Sergio Segio, uno dei capi del gruppo armato Prima Linea, traccia le differenze con le brigate rosse.


["La notte della repubblica" Sergio Zavoli]

Questo limite (uso questo termine da un punto di vista puramente tecnico) fu abbattuto dalle BR che si posero allo stesso livello della DC, del PCI e degli altri partiti. Non più -- come a sinistra -- combattere con la violenza per acquisire coscienza, né -- come a destra -- "destabilizzare per stabilizzare" ma un partito (armato) vero e proprio con tanto di "programma di governo".

L'organizzazione politico-militare

L'organo al vertice dell'organizzazione era il Comitato Esecutivo, quello che si potrebbe chiamare "l'esecutivo"; questo comitato era eletto dalla Direzione Strategica, un'assemblea di 10-15 persone massimo che si riuniva una o due volte l'anno e che dava anche l'indirizzo militare e politico alle BR. A livello nazionale l'organizzazione era divisa in Colonne autonome; se ne contarono quattro simili e molto organizzate: Milano, Torino, Genova, Roma, più altre due un po' diverse come caratteristiche: la colonna Veneta e Napoli. 

Ogni Colonna aveva un capo colonna e una serie di militanti. I militanti erano divisi: i regolari, quelli che avevano fatto la scelta della clandestinità ed operavano ai massimi vertici delle brigate rosse, e gli irregolari, quelli che avevano una doppia vita e che facevano opera di propaganda, volantinaggio, lotte operaie all'interno delle fabbriche, ma che comunque continuavano la loro vita di cittadini studenti o lavoratori. Gli irregolari erano organizzati in "brigate" ed avevano un referente regolare clandestino all'interno della Colonna; ogni nuovo aspirante militante doveva passare dalla "brigata" e la sua candidatura all'interno dell'organizzazione doveva essere presentata al capo brigata che la passava -- per un'analisi -- al capo colonna. Oltre a questo c'erano anche i Fronti che erano dei militanti clandestini specializzati in alcune tematiche (logistica, propaganda ecc ecc); questi Fronti, verticali per quanto riguarda i temi, "tagliavano" l'organizzazione orizzontalmente. Ad esempio c'era il Fronte della Logistica specializzato in acquisto di armi, passaporti falsi, collegamento tra varie colonne e il Fronte di Massa, specializzato nella vita della fabbrica. Ogni colonna aveva almeno un esponente dei due fronti (erano in via di preparazione altri Fronti). Ecco alcune spiegazioni di Franco Bonisoli, appartenente al comitato esecutivo dell’epoca.




["La notte della repubblica" Sergio Zavoli]

Di seguito un estratto di una risoluzione in merito all'organizzazione redatta nel 1974.
RISOLUZIONE DELLA DIREZIONE STRATEGICA N°2
LA DIREZIONE STRATEGICA.
E’ la massima autorità della nostra Organizzazione.Essa raccoglie e rappresenta tutte le tensioni e le energie rivoluzionarie maturate nei fronti, nelle colonne e nelle forze irregolari.Sono gli organi di direzione collegiali delle colonne e dei fronti che eleggono i membri della DS, ma il Comitato Esecutivo può porre il veto su eventuali nomine quando esistano motivi di sicurezza che lo impongano. Le motivazioni d'eventuali esclusioni dovranno, comunque essere rese pubbliche durante l’assemblea. E l’assemblea ha il potere di decidere.I membri della DS rimangono in carica da una sessione all’altra e possono essere riconfermati o non riconfermati.Sta al consiglio della DS formulare gli orientamenti generali e di linea politica dell’organizzazione. Gli sono riconosciuti da tutti i membri dell’Organizzazione i seguenti diritti:- il diritto di emanare leggi e regolamenti rivoluzionari;- il diritto di applicare correzioni disciplinari nei confronti di quei membri dell’organizzazione che abbiano tenuto un comportamento scorretto o controrivoluzionario;- il diritto di formulazione, approvazione e revisione del bilancio;- il diritto ed il potere di modificare le strutture dell’Organizzazione;il diritto di nominare i membri del Comitato Esecutivo e di chiedere ragione del loro operato.Il Consiglio potrà essere riunito normalmente due volte l’anno e straordinariamente quando ciò sia richiesto almeno da una Colonna, da un Fronte o dal Comitato Esecutivo.
IL COMITATO ESECUTIVO.
Al Comitato Esecutivo spetta il compito di dirigere e coordinare l’attività delle colonne e dei fronti tra un Consiglio e l’altro.Esso risponde del suo operato direttamente ed esclusivamente al Consiglio e da questo viene nominato e può essere revocato.Nel CE devono essere rappresentati i Fronti e le Colonne in modo da consentire un’efficace centralizzazione dell’informazione e una rapida esecuzione delle direttive. Tutte le azioni militari di carattere generale devono essere approvate dal CE.Tutte le azioni d'esproprio devono essere approvate dal CE.Per decisioni particolarmente importanti che impegnano l'Organizzazione il CE dovrà consultarsi con i vari membri della DS.Il CE potrà applicare quelle sanzioni che riterrà più idonee a garantire la disciplina rivoluzionaria.Al CE spetta la responsabilità dell’amministrazione e del patrimonio dell‘Organizzazione.Spetta anche al CE la responsabilità politica della stampa d’Organizzazione e dell’emissione di comunicati politici generali.I membri del CE non devono avere rapporti politici con l’esterno dell‘Organizzazione.Non devono svolgere azione di reclutamento.Devono restringere all’indispensabile e tendenzialmente eliminare anche i rapporti con le FI.
Essi partecipano, come tutti gli altri membri dell’Organizzazione, alle azioni militari, d'esproprio e ai lavori manuali.
(qui la versione integrale del documento BR)

Questo tipo di organizzazione rendeva le BR un gruppo difficilmente "smantellabile" per via del fatto che i vertici erano clandestini e per la compartimentazione elevata quasi ad ideologia. Ad esempio ogni militante appartenete al Fronte della Logistica conosceva gli appartenenti di tali sotto-organizzazione a livello nazionale ma non aveva la possibilità di conoscere gli irregolari, come -- altro esempio -- il capo brigata conosceva tutti i suoi irregolari ma non aveva approfondita conoscenza dei militanti clandestini appartenenti ai Fronti di altre colonne. Bisogna subito dire che nonostante la cura maniacale per la clandestinità e le regole, non sempre queste stesse norme vennero seguite scrupolosamente. Prova ne è l'arresto contemporaneo di Franceschini e Curcio avvenuta grazie ad un infiltrazione durata pochi giorni.

Un esempio di questa -- almeno a livello teorico -- cura si può leggere su un vademecum brigatista.


Note di comportamento
Il lavoro politico di ogni compagno si svolge all'interno di una colonna. Tutti i rapporti politici devono dunque essere controllati e valutati. Non si deve mai andare a un appuntamento o fare un lavoro particolare senza che qualcun altro dell'organizzazione non ne sia al corrente. In particolare per contatti con nuovi elementi esterni è necessaria una discussione preventiva coi responsabili della colonna. 
Viaggiando evitare ogni occasione di litigio; guidare con estrema prudenza e totale rispetto del codice stradale. 
APPUNTI: 1.Non si prendono se riguardano l'organizzazione e la sua vita: si memorizzano. 2.Valgono per tutte le analisi generali, evitando di indicare nomi, luoghi, situazioni determinanti. 3.Non dimenticarli, non portarli con sé in azione. 4.prestarli solo in caso di reale necessità. 5.Non vi devono figurare né indirizzi né tanto meno numeri telefonici. 
DISCORSI: 1.Evitare discussioni sulla vita dell'organizzazione -anche con compagni- fuori dalle sedi adatte. 2.Nei luoghi pubblici, quando ci si trova tra compagni, si evitano pre o post riunioni: questo specie in vicinanza delle sedi. 3.Partire dall'ipotesi che tutti i telefoni sono controllati e quindi limitarne l'uso a brevi comunicazioni. 
MACCHINE: Anche la macchina è un bene che l'organizzazione dà in dotazione al compagno. Egli è dunque responsabile della sua manutenzione. I documenti della macchina vanno accuratamente controllati al momento della consegna per verificare eventuali imperfezioni. Essi vanno inoltre periodicamente controllati tenendo presenti le varie scadenze dei bolli, della patente. La macchina all'interno deve figurare ordinata. Non devono esserci accumulati giornali di ogni genere, volantini o cartacce. Ogni sera occorre  togliere l'eventuale radio o mangianastri, o altro che possa attirare l'attenzione dei ladruncoli. Per principio ogni militante deve presentarsi con aria rassicurante e gentile con i vicini di casa, ma è assolutamente necessaria una stretta riservatezza. È molto importante per l'organizzazione riuscire a non farsi fotografare o tanto meno riprendere in TV. 
PERSONA: Ogni compagno deve essere decorosamente vestito ed in ordine nella persona: barba fatta, capelli tagliati. È bene girare con non più di due documenti e cioè la patente e una carta d'identità non legata ad alcunché. Bisogna avere con se solo il materiale  strettamente necessario al lavoro che si sta conducendo. Ogni militate dovrà portare la propria arma addosso.
RAPPORTI CON COMPAGNI ESTERNI ALL'ORGANIZZAZIONE: Per nessun motivo i compagni delle forze regolari devono frequentare le case dei compagni irregolari o di militanti non completamente esterni all'organizzazione. 1.Con tali compagni la discussione riguarda esclusivamente le analisi generali e la strategia. Non si deve fare assolutamente alcun riferimento all'organizzazione. 
Queste note non basta averle in tasca o in testa: si devono assimilare e mettere in pratica sin da ora. Poi si distruggono. OGNI LEGGEREZZA E' L'INIZIO DI UN TRADIMENTO. ANCHE SENZA VOLERLO POSSIAMO COMPORTARCI DA SPIE E DA DELATORI. IL IL RISULTATO NON CAMBIA: LA SI PAGHERA' CARA. 

(qui la versione integrale del documento delle BR sulle norme della clandestinità)

Per quanto riguarda la "politica estera" sono noti alcuni contatti con la Rote Armee Fraktion (RAF) presente nella Germania Ovest, la minoranza oltranzista dell'OLP palestinese, e alcuni ambienti dell'estrema sinistra parigina. In realtà con la RAF non ci fu una piena assonanza ideologica in quanto per le BR il gruppo tedesco dava poco spazio al movimento operaio ed era troppo appiattito sulle posizioni dell'Unione Sovietica colpevole per i brigatisti italiani di "socialimperialismo". Mentre i contatti con l'OLP erano di natura prettamente strategica, di scambio armi ed informazioni.

Le varie commissioni d'inchiesta sul terrorismo in Italia hanno dato per (quasi) sicuro anche un certo attivismo (infiltrazioni nelle BR) dei servizi segreti israeliani, preoccupati che l'avanzare del PCI nella società italiana e nel governo nazionale avrebbe fatto virare "l'anello debole" italiano verso una politica estera filo-palestinese.

Alcune considerazione della commissione d'inchiesta su Aldo Moro e il terrorismo delle BR in merito alla RAF e all'organizzazione palestinese OLP

Il passaggio dalla propaganda armata all'attacco contro il potere democratico

Le operazioni in fabbrica servirono alle Brigate Rosse per "farsi conoscere" e per arruolare il maggior numero di militanti -- specialmente operai -- alla propria causa. Gli incendi alle ditte, i rapimenti dei datori di lavoro e dirigenti di fabbrica, furono solo un passaggio obbligato per acquisire la prassi movimentista e violenta e per avere un numero sufficiente di militanti tale da poter far sorgere il partito armato con tutte le sue articolazioni burocratiche. Questa prima fase risultò vincente per la propaganda; pensiamo al motto "punirne uno per educarne cento" inventato durante il rapimento del dirigenti Idalgo Macchiarini. E' il periodo del maggior consenso politico delle BR, il periodo del "né con lo stato né con le BR". Bisogna aggiungere che il periodo storico dell'epoca 70-74 (primi anni delle BR) fu un periodo in cui usare la razionalità era impresa non facile; questa non deve essere presa come scusante -- omicidi ideologici e quindi premeditati in società che permettono l'espressione democratica non sono scusabili -- ma non si possono tacere le violenze e le sopraffazione che molti lavoratori subivano (soprattutto nel sud dove la legalità dentro e fuori i posti di lavoro erano assai scarse) e le stragi che rimanevano impunite anche per opera di appartenenti allo stato. E' il periodo subito dopo la strage di Piazza Fontana e che vide un'ulteriore e tremendo attacco stragista a Brescia in Piazza della Loggia.

Lasciando perdere i fatti processuali era pensiero diffuso che quelle stragi fossero "stragi di stato"; questo -- a livello socio-culturale -- fu un peso devastante per la convivenza civile del paese. 

Nelle parole di Franceschini si nota come questa ambiguità sulle stragi pesasse in modo dirimente, quasi di prova decisiva a carico dell'anti-democraticità sostanziale del Governo nazionale.


["La notte della repubblica" Sergio Zavoli]

Il rapimento Sossi

In questo clima si arriva nel 1974 al rapimento di un magistrato a Genova, Mario Sossi che stava indagando sul movimento estremista XXII Ottobre. Questo rapimento segna la svolta di cui si discuteva sopra: l'attacco diretto alla stato, in questo caso ad uno degli organi, la magistratura. Come "prezzo" politico da pagare le BR richiedono la scarcerazione dei militanti della XXII Ottobre. Si delinea tra gli appartenenti allo stato sotto varie forme (politici, magistrati ecc ecc) una contrapposizione tra la linea della fermezza e quella della trattativa. Si avrà uno spaccato di quello che succederà poco più tardi quando le brigate rosse sequestreranno l'Onorevole Aldo Moro, Segretario della DC.


["Rapimento Sossi" Rai Storia]

Oramai le "sedicenti brigate rosse" (come venivano chiamate dopo le prime azioni) diventano il punto di riferimento dei gruppi armati di estrema sinistra che vedono nella politica armati di questo gruppo l'unica soluzione per un cambio reale di potere. Lo scontro con i neo-fascisti, la propaganda nelle fabbriche diventano marginali rispetto all'obiettivo principale, e cioè la sostituzione al governo della DC, dei suoi alleati e dei "finti nemici" del PCI con il partito armato delle Brigate Rosse.

E' il caso di riprendere le affermazioni di Alberto Franceschini sopra, quando gli viene chiesto se con la qualificazione violenta delle loro proposte le BR non facessero il gioco del blocco sociale italiano reazionario. In un periodo di crisi economica con un alto tasso di degrado sociale accompagnato ad una conflittualità ideologica che si estese anche a porzioni di cittadinanza non coinvolta in estremismi, questa è una domanda che -- a posteriori -- sembra centrare un punto importante. Quel periodo storico sembrò portare, in una sorta di spirale fatalistica, le posizioni contrarie (che magari in partenza potevano considerarsi moderate) ad estremizzarsi. Dopo Piazza Fontana, i movimenti estremisti si organizzano in vere e proprie bande armate (XXII Ottobre, Prima Linea, Brigate Rosse); una volta egemonizzata l'area antagonista dell'estrema sinistra movimentista le BR "alzano il tiro" ed "escono dalle fabbriche" per combattere direttamente lo Stato. Nel caso Sossi, la Magistratura.

Forse sarà un caso, forse no. Comunque, il rapimento del Procuratore di Genova è del 18 aprile 1974, viene rilasciato il 23 maggio. Il 28 maggio a Brescia in Piazza della Loggia succede questo...



[Strage Piazza della Loggia Brescia]

Dopo le bombe di Roma e Milano, dopo Gioia Tauro, un' altra bomba. Un'altra strage, 8 morti a Piazza della Loggia. Si fa strada l'idea -- anche da parte di ambienti moderati -- di uno stato, se non colpevole, poco trasparente quando si devono scovare i colpevoli; i movimenti di estrema sinistra armati assicurano che penseranno loro a fare "giustizia" in modo sbrigativo, siano essi neo-fascisti, magistrati o politici. La giovane Repubblica Italiana non è mai stata così vicina ad una guerra civile.

Di certo il 1974 segna un ulteriore incremento ed evoluzione dello scontro armato. Per fermarlo si farà strada, tra la classe dirigente e politica, l'idea del "governo di salute nazionale" per cercare di includere alcune rivendicazioni che venivano dalla parte più esposta alla crisi economica e sociale del paese. L'intenzione da parte dei politici di allora era di ipotizzare un "compromesso storico" tra le due grandi forze sociali del paese: la DC e il PCI.

Un accordo ai più alti livelli; malvisto da molte parti, dagli americani su tutti. Un accordo che smussava le contrapposizioni ideologiche e che -- per questo -- non era ben visto sia dalle BR sia da chi -- all'interno dei reparti militari e dei servizi segreti -- grazie a quella contrapposizione aveva costruito carriere e potere.





Commissione d'inchiesta sul rapimento e l'uccisione di Aldo Moro - Rapporti tra le Brigate Rosse e l'organizzazione palestinese OLP -

Rapporti con i palestinesi

Da numerose testimonianze di "pentiti" risulta che sia le BR, sia Prima Linea, hanno stabilito rapporti non occasionali con gruppi minoritari ed estremisti della resistenza palestinese dai quali, o tramite i quali, hanno ricevuto forniture di armi, di cui due particolarmente consistenti.

Le armi cominciarono ad arrivare subito dopo l'assassinio dell'onorevole Aldo Moro e determinarono un salto qualitativo e quantitativo nell'armamento delle maggiori organizzazioni terroristiche.
Di questo improvviso flusso di armi si rese conto anche Barbone, che pure militava in un gruppo minore, il quale ha dichiarato: "avemmo la certezza che fossero stati aperti dei rubinetti che fino a qualche tempo prima, invece, erano chiusi".

Un primo carico fu trasportato dal Libano in Italia, nell'estate nel 1978, dai CO.CO.RI. di Oreste Scalzone che si avvalevano, per questo traffico, dell'opera di Maurizio Folini (Armando).

Numerosi indizi portano a ritenere che ad aiutare Folini a procacciarsi le armi possano essere stati il FPLP di George Habbash o, come ha riferito Sandalo, "gruppi minori che sfuggono alle trattative e agli impegni che l'OLP prende e decide a livello europeo e mondiale".

L'imbarcazione fu fornita da Folini e sembra accertato che lo sbarco, diversamente da quanto affermato da Sandalo, che ha indicato Brindisi, sia avvenuto a Fiumicino. Le armi, di fabbricazione russa e cinese, furono distribuite a Prima Linea, alle BR e ad un gruppo minore denominato PAC.

Va però notato a questo proposito che mentre le armi trasportate da Moretti, e sulle quali si riferirà tra poco, furono ottenute e distribuite gratuitamente, quelle di Folini furono acquistate e rivendute, sia pure a prezzi considerati "politici". Prima Linea, ad esempio, sborsò 16 milioni per ottenere 4 o 5 AK47 e un certo quantitativo di bombe a mano anticarro e antiuomo. Anche a Marco Barbone furono richiesti 5 milioni, da versare anticipatamente, per una fornitura di armi che i CO.CO.RI. si ripromettevano di poter fare organizzando un secondo trasporto che poi non ebbe luogo. Si è quindi portati a ritenere che, per quanto riguarda le armi trasportate da Folini, i palestinesi abbiano in realtà fatto da tramite con veri e propri mercanti d'armi libanesi.

Lo stesso Donat-Cattin ha dichiarato al giudice istruttore di essere certo che il FPLP di George Habbash si limitò a mettere in contatto Folini con un mercante d'armi.

Attraverso le forniture di armi Scalzone tentò di realizzare l'ambizioso progetto di spingere verso l'unificazione le diverse organizzazioni terroristiche e di affermare su di esse la sua leadership politica. La recisa opposizione delle BR fece però subito naufragare tale tentativo.

Secondo Barbone i dirigenti di "Rosso" intrattennero rapporti con tutti i gruppi terroristici europei e svolsero un ruolo nelle iniziative tendenti a creare un rapporto tra terrorismo italiano e palestinesi. In particolare Strano si sarebbe recato in Medio Oriente, dove fu fotografato in un campo di addestramento palestinese. Col FPLP ebbe certamente rapporti Pifano, essendo nota la dichiarazione rilasciata da George Habbash al momento in cui l'esponente di Autonomia fu sorpreso ed arrestato mentre trasportava alcuni missili.

Anche i rapporti diretti delle BR con i palestinesi iniziarono dopo l'assassinio dell'onorevole Moro con un incontro avvenuto a Parigi tra Moretti e "un rappresentante non ufficiale dell'OLP".
Secondo Savasta, i palestinesi, colpiti dall'efficienza dimostrata dalle BR, avrebbero offerto il loro appoggio in cambio di un impegno delle BR ad attaccare in Italia obiettivi israeliani e la NATO. Le BR avrebbero accettato tale condizione, tanto che fra il novembre e il dicembre 1979 condussero, in vista di un attentato, una inchiesta sull'addetto militare israeliano a Roma.

Secondo Peci, invece, le armi sarebbero state donate come compenso per il contemporaneo trasporto di altre armi destinate all'IRA e le BR avrebbero chiarito subito di non essere interessate a divenire "il braccio armato dell'OLP in Italia" essendo il loro obiettivo la guerra di classe. Analogo, come vedremo, il racconto di Sandro Galletta.
A far ritenere più esatta, per quanto riguarda la contropartita, la versione di Savasta, oltre ai successivi sviluppi sui quali si riferirà tra breve, sta il fatto che, in occasione dell'arresto di Bruno Seghetti e Luca Nicolotti, avvenuto a Napoli il 19 maggio 1980, fu trovato in loro possesso un appunto scritto in lingua inglese nel quale erano indicati i nomi, le qualifiche e gli indirizzi dell'ambasciatore e dell'addetto militare israeliani a Roma.

Galati, d'altra parte, ha riferito che Moretti, allorché esercitò pressioni sulla colonna veneta perché fosse condotta un'azione contro un alto ufficiale della NATO, fece riferimento alla necessità "di impiegare le armi nell'uso per il quale ci sono state consegnate".
Una prima offerta di aiuto consistette nell'invito ad inviare militanti BR ad addestrarsi in campi nel Libano, ma tale offerta fu rifiutata per le difficoltà ed i pericoli che un così lungo viaggio comportava. Fu accettata, invece, la fornitura di armi.

Savasta ha parlato di un primo carico di armi trasportato via terra, dalla Francia alla Liguria, nell'estate 1978 da Moretti, Lo Bianco, Dura e Miglietta.
In considerazione del fatto che Savasta ha dimostrato di essere poco informato su questa prima spedizione, e tenendo conto che egli ha ripetutamente affermato che i carichi furono soltanto due, è possibile che, in effetti, si sia trattato dello stesso carico trasportato da Folini via mare. Coincide, del resto, anche la descrizione del materiale trasportato. 

E' certo, invece, che un secondo carico fu trasportato, nell'estate del 1979, dall'imbarcazione "Papago" a bordo della quale erano Moretti, Dura, Galletta ed il medico Massimo Gidoni, proprietario dell'imbarcazione.

Per quanto riguarda le modalità del trasporto conviene riferirsi al racconto che del viaggio ha fatto Galletta il quale, pur essendo un gregario politicamente non qualificato e quindi non in grado di dare giudizi autorevoli sugli aspetti politici della vicenda, è certamente più informato di altri sui fatti ai quali ha personalmente partecipato.
Galletta ha raccontato che il "Papago" partì dal porto di Numana, nei pressi di Ancona, e fece tappa a Brindisi e a Cipro. A Brindisi la Capitaneria di porto non controllò i documenti, mentre a Cipro fu necessario esibire i passaporti, autentici per Galletta e Gidoni, falsi per Moretti e Dura.
L'imbarcazione sostò un giorno nel porto di Cipro e quattro giorni in una rada adiacente.
Durante la sosta Moretti scese a terra per incontrare una persona e, al suo ritorno, informò gli altri che erano arrivati in anticipo.

Ripartita da Cipro, l'imbarcazione giunse in vista della costa libanese e si ancorò quattro miglia al largo di una città dominata da una fortezza. Qui essa fu raggiunta da un'altra imbarcazione a bordo della quale erano uomini armati e si procedette al trasbordo delle armi: circa 150 mitra Sterling con due caricatori ciascuno; una decina di FAL di produzione belga; due mitragliatrici leggere rispettivamente di fabbricazione russa e cinese; sei granate a razzo; due tubi lanciarazzi; due cassette di bombe a mano tipo ananas; cinque o sei quintali di esplosivo plastico; venti granate "Energa"; detonatori elettrici e a miccia; munizioni calibro 9 lungo; 25 involucri contenenti missili.
La maggior parte del quantitativo di armi era destinata all'IRA e, probabilmente, anche all'ETA.

Galletta ha dichiarato: "le armi furono consegnate senza pretendere corrispettivi in denaro: in definitiva chi ce le consegnò pretese solo in controprestazione che una parte delle stesse fosse custodita dall'organizzazione e fatta successivamente pervenire ad altri gruppi terroristici europei. Per evitare confusione le armi non destinate alle BR furono, all'atto della consegna, contrassegnate con segni di colore azzurro".

Durante il viaggio di ritorno, il "Papago" sostò a Cipro e a Tricase. Le armi furono trasbordate, nei pressi di Venezia, su un'imbarcazione condotta da Andrea Varisco e da Vincenzo Guagliardo e da questa sbarcate a Quarto d'Altino. Da qui le armi furono trasportate a Mestre ove avvenne la distribuzione alle varie colonne BR.
Circa l'identità dei fornitori, Galletta ha potuto soltanto dire di aver saputo da Dura "che si trattava di una frazione dell'OLP, dissidente ovvero minoritaria".

Le armi non destinate alle BR furono immagazzinate in due depositi costituiti a Montello (Treviso) e in una località della Sardegna. Anche Peci ha parlato della costa libanese come punto d'imbarco. Savasta ha invece affermato che le armi furono caricate nelle acque di Cipro, ma tale suo convincimento pare frutto di un equivoco. Moretti, infatti, allorché Peci fece le prime rivelazioni sull'episodio, confidò a Savasta la sua soddisfazione per il fatto che Peci non avesse parlato di Cipro, dato che sarebbe stato possibile, attraverso le autorità cipriote, identificare Galletta e Gidoni che erano stati registrati dalle autorità portuali dell'isola con le loro generalità, avendo esibito passaporti autentici. Questa confidenza di Moretti ha portato Savasta a ritenere che le armi fossero state caricate a Cipro.

Resta poi il fatto che, una volta ottenute le armi, le BR cancellarono dai loro programmi le azioni promesse ai palestinesi, secondo Savasta per la difficoltà politica di conciliarle con la strategia dell'organizzazione, tutta incentrata sulla vicenda italiana.
Tale disimpegno ebbe la conseguenza di raffreddare i rapporti con i palestinesi, che giunsero ad interrompersi anche a causa di nuove difficoltà insorte.
Al momento dell'entrata di Savasta nell'esecutivo (gennaio 1981) i rapporti erano già interrotti.

Risulta da numerose testimonianze che i contatti con i palestinesi sono stati sempre mantenuti a Parigi, laddove operava (e forse opera tuttora) una "rete di compagni".
Del loro mantenimento si curò sempre Moretti, che si avvaleva della collaborazione della Braghetti, mentre, dopo l'arresto di costoro, l'incarico passò a Miglietta ed a Guagliardo che erano i soli ai quali Moretti aveva trasmesso un numero telefonico segreto di Parigi, necessario allo scopo. Poiché la "rete parigina" assicurava i collegamenti delle BR con i palestinesi e con altri gruppi armati stranieri, l'arresto di Miglietta e di Guagliardo mise praticamente in crisi tutti i collegamenti internazionali.

Tale era la situazione al momento dell'arresto di Savasta.

Certo, a prima vista, può apparire assurdo il fatto che sia i gruppi palestinesi, sia i servizi israeliani, impegnati in una dura guerra tra loro, possano essersi trovati d'accordo nell'offrire aiuti al terrorismo italiano.
Come si vedrà più avanti, gli israeliani potevano avere interesse, in un certo momento, alla destabilizzazione del quadro politico italiano, sia perché convinti che il governo americano sarebbe stato costretto ad offrire il massimo appoggio ad Israele, una volta constatata la fragilità dell'alleato italiano, sia perché preoccupati di una possibile evoluzione in senso filoarabo della politica estera italiana in caso di partecipazione comunista alla maggioranza di governo.

Ci si chiederà allora come è possibile che gruppi che militano nella resistenza palestinese non abbiano avvertito l'esigenza opposta.

Una spiegazione convincente può essere trovata considerando che esiste all'interno dell'OLP una grave divergenza su questo problema. I settori maggioritari della resistenza palestinese, pur seriamente impegnati nella guerra contro Israele, puntano in effetti ad una soluzione politica del conflitto e manifestano grande interesse al problema delle alleanze internazionali ed all'atteggiamento dei governi europei nei confronti della causa palestinese: da qui l'appello di Yasser Arafat per la salvezza di Moro ed il rifiuto di ogni appoggio al terrorismo europeo. 

Di contro, settori minoritari, ma presenti all'interno dell'OLP, non nutrono alcuna fiducia nella possibilità di soluzione politica della questione palestinese e sono conseguentemente orientati a favorire ogni forma di attacco militare ad Israele ed alla NATO nel territorio europeo e manifestano interesse per gli effetti destabilizzanti dell'attività terroristica in paesi che pure non possono essere considerati nemici della causa palestinese.

Va infine ricordato, a conferma delle divergenze sopra riferite, che i massimi dirigenti dell'OLP hanno sempre respinto con fermezza le accuse di connivenza con il terrorismo italiano.
Dopo l'appello di Arafat per la liberazione di Moro, Nemer Hammad, rappresentante dell'OLP in Italia, dichiarava che la sua organizzazione non solo era completamente estranea alle attività terroristiche delle BR, ma considerava ogni compromissione con il terrorismo italiano dannosa per la causa del popolo palestinese. Aggiungeva però di non potere escludere in assoluto contatti delle BR con elementi palestinesi, stante l'esistenza all'interno della resistenza palestinese di frange estremiste interessate ad imporre la strategia della violenza. Non convincente appare, invece, la dichiarazione rilasciata dal Presidente del Dipartimento della Magistratura rivoluzionaria dell'OLP Abu Al Hakam dopo l'incontro di Arafat con il giudice Domenico Sica, secondo la quale nessun appartenente all'OLP, nessuno dei membri delle organizzazioni che di essa fanno parte ha mai fornito alcun appoggio ed aiuto ad organizzazioni e gruppi terroristici italiani.

L'armamento di provenienza estera.

Si è tentato di trarre prove di eventuali collegamenti internazionali dall'esame delle armi rinvenute nei covi scoperti.
Non è risultato possibile - come hanno riconosciuto i responsabili dei nostri servizi di sicurezza - considerare significativa la provenienza di un'arma da uno Stato come indice della responsabilità di quello Stato o dei suoi servizi, giacché bisogna tener conto degli strani giri che queste armi finiscono per fare.

Ad esempio il carico di armi trasportato in Italia dal Papago comprendeva mitra Sterling, bombe a mano MK2, FAL di produzione belga, razzi controcarro americani, razzi aria-terra francesi, missili anticarro Energa di produzione belga.

Il carico pervenuto via terra era composto da armi di produzione russa e cinese e da pistole Browing HP.
In Italia è stato rinvenuto in un covo un mitra di produzione italiana venduto all'esercito saudita. Altre armi sequestrate risultano in dotazione alle forze armate tunisine. Si è già detto di armi sottratte ai depositi militari svizzeri. Nessuna seria conclusione è stata quindi possibile trarre da questo esame.

Commissione d'inchiesta sul rapimento e l'uccisione di Aldo Moro - Rapporti tra le Brigate Rosse e la RAF -

Organizzazioni terroristiche straniere

Dalle deposizioni di terroristi detenuti è emerso che le BR, oltre che con la RAF, hanno in passato stabilito rapporti anche con un'altra organizzazione tedesca denominata "2 giugno" nonché con i baschi dell'ETA, con i francesi del NAPAP e con gli irlandesi dell'IRA.

Inizialmente l'interesse per i rapporti internazionali era notevole, tanto che in una certa fase fu dato l'incarico di occuparsene a Moretti, a tal fine liberato da altre incombenze. Successivamente però la considerazione per tali rapporti era notevolmente calata.

Per quanto riguarda l'IRA e l'ETA, Peci ha rilevato che i rapporti con tali organizzazioni non erano passibili di sviluppo "in quanto questi sono movimenti a livello di autonomia nazionale e non di liberazione, per cui non è stato possibile trovare spazi politici ampi a sufficienza per sviluppare un discorso comune".

Con il NAPAP i contatti si erano limitati ad uno scambio di armi.

Sostanzialmente coincidenti con le notizie date da Peci quelle fornite da Savasta.

Più intensi sono stati invece i rapporti con la RAF, soprattutto prima della scoperta a Milano della base BR di via Montenevoso (1 ottobre 1978) in quanto sono consistiti, oltre che nello scambio di armi, di esperienze e di rifugi, anche in un serrato confronto sugli obiettivi strategici da perseguire. Essi furono tenuti in un primo tempo da Azzolini, che si valeva della Kitzler in qualità di interprete, e successivamente da Moretti.
Secondo quanto fu rivelato a Peci dal brigatista Fiore, Moretti avrebbe avuto, come già accennato, contatti con l'esponente della RAF Willy Peter stoll.

Dal punto di vista politico i rapporti risultarono a detta di Peci insoddisfacenti soprattutto per la mancanza da parte della RAF di un "minimo di inserimento a livello di massa, a livello operaio".
Anche Savasta ha confermato il giudizio negativo delle BR sull'attività della RAF, troppo impegnata nella lotta contro l'imperialismo americano e la NATO e portata a solidarizzare con tutti i movimenti di liberazione di altri Paesi, ma, al contempo, assolutamente avulsa dalla problematico interna tedesca.

Inoltre le BR rimproveravano ai tedeschi un allineamento sulle posizioni di politica estera dell'URSS che si manifestava nella rinuncia a denunciare, contrariamente a quanto facevano i brigatisti italiani, il "socialimperialismo sovietico". La RAF fu poi tacciata di servilismo nei confronti dell'URSS quando, anziché reagire duramente all'arresto di suoi militanti in territorio sovietico ed alla successiva estradizione dei medesimi nella RFT, giustificò la decisione del governo sovietico definendola una conseguenza delle pressioni dell'imperialismo americano.

I rapporti tra Prima Linea e NAPAP sono stati illustrati alla Commissione da Roberto Sandalo che entrò in contatto, grazie a Peter Freeman (un ex militante di Lotta Continua che era dovuto espatriare in Francia), con due giovani militanti dell'organizzazione francese.

Costoro, Serge e Pascal, giunsero a Torino nella primavera del 1979 a bordo di una Renault TX a iniezione 2600, da loro stessi rubata in Francia, che fu poi l'autovettura della quale Prima Linea si servì, il 18 luglio dello stesso anno, per l'assassinio del barista Carmine Civitate.

Da quel momento iniziò tra le due organizzazioni un intenso scambio di armi: i francesi ebbero da Prima Linea dei revolvers calibro 38 e una Magnum 44 e, a loro volta, portarono in Italia delle speciali pistole francesi nelle quali il caricatore si inserisce dall'alto. 

Sempre da costoro Prima Linea ottenne più di 70 chilogrammi di gelatina che dovevano servire per un grosso attentato.


La Commissione ha accertato trattarsi di Serge Fassi e di Pascal Trillat, arrestati a Parigi il 28 marzo 1980 insieme alla italiana Olga Girotto e ad altri dodici cittadini francesi. Il gruppo fu trovato in possesso di tre chili di esplosivo, due mitra, sette pistole e numerose bombe a mano.

Questo micidiale esplosivo, pericolosissimo da usare, è stato fatto ritrovare da Sandalo dopo il suo arresto in località Rivalta dove era rinchiuso in un frigorifero. Nel settembre 1979 Serge e Pascal informarono Prima Linea che era possibile acquistare in Francia una partita di fucili d'assalto FAL rubata in una base NATO. Inoltre era possibile acquistare 200 mitra israeliani calibro 9 lungo capaci di sparare 650 colpi al minuto.
Per questa ragione Sandalo e Freeman si recarono a Parigi, ma la trattativa per l'acquisto fallì, sia perché i venditori pretendevano che si comprassero almeno 200 pezzi, sia per la difficoltà di attraversamento della frontiera.
Maurice Bignami tentò di utilizzare i francesi del NAPAP anche per mettersi in contatto con l'ETA. L'incontro, fissato a Parigi, dove, per conto di Prima Linea, si recò Maria Teresa Conti, fallì per un disguido.

Documenti storici Brigate Rosse - Norme sula clandestinità -

LA CLANDESTINITA'

La clandestinità è una condizione indispensabile per la sopravvivenza di una organizzazione politico-militare che operi all'interno delle metropoli imperialiste. La condizione di clandestinità non impedisce che l'organizzazione si svolga per linee interne alle forze dell'area dell'autonomia operaia. Oltre alla condizione di clandestinità assoluta si presenta perciò, nella nostra esperienza, una seconda condizione in cui il militante pur appartenendo all'organizzazione, opera nel movimento, ed è quindi costretto ad apparire e muoversi nelle forme politiche che il movimento assume nella legalità. 

Questo secondo tipo di militanza clandestina da un punto di vista politico è la alla base della costruzione delle articolazioni del potere rivoluzionario; da un punto di vista militare è a fondamento dello sviluppo delle milizie operaie e popolari. Operare a partire dalla clandestinità consente un vantaggio tattico decisivo sul nemico di classe che vive invece esposto nei suoi uomini nelle istallazioni. Questo vantaggio viene annullato quando la clandestinità è intesa in senso puramente difensivo. 

La concezione difensiva della clandestinità sottintende o nasconde l'illusione che lo scontro tra borghesia e proletariato in ultima analisi si giochi sul terreno politico piuttosto che su quello della guerra e cioè che gli aspetti militari siano in fondo solo aspetti tattici di suporto. Il lavoro politico di ogni compagno si svolge all'interno di una colonna. Tutti i rapporti politici devono dunque essere controllati e valutati. 

Non si deve mai andare a un appuntamento o fare un lavoro particolare senza che qualcun altro dell'organizzazione non ne sia al corrente. In particolare per contatti con nuovi elementi esterni è necessaria una discussione preventiva coi responsabili della colonna. È necessario anche discutere la necessità di predisporre misure di sicurezza adeguate al caso. Ogni contatto deve essere regolato secondo un modo prestabilito. Nel caso in cui salti un appuntamento ne deve essere fissato automaticamente un altro di recupero permanente. Questa norma può essere usata come misura di sicurezza, soprattutto qualora un rapporto non sia ancora completamente verificato. Si può saltare appositamente un appuntamento e mandare un compagno in perlustrazione nella zona. I luoghi degli appuntamenti vanno quindi precedentemente studiati e conosciuti nei minimi particolari. Ogni luogo deve avere le seguenti caratteristiche: essere controllabile e ammettere una eventuale ritirata verificata e predisposta.

Viaggiando evitare ogni occasione di litigio; guidare con estrema prudenza e totale rispetto del codice stradale. È necessario arrivare un po' in anticipo agli appuntamenti per poter perlustrare la zona e per evitare di essere visti con la propria macchina posteggiata tenendo appunto presente l'eventualità si una fuga. Ogni militante deve avere i suoi luoghi di appuntamento. Fa parte del suo lavoro. È necessario inoltre evitare di ripetere gli appuntamenti negli stessi luoghi o per lo meno variarli con una certa frequenza. Vanno evitati i parchi pubblici, luoghi molto affollati, vicino a banche o istituzioni militarizzate. È preferibile evitare i centri più militarizzati ed incontrarsi nell'hinterland. 

APPUNTI
1.Non si prendono se riguardano l'organizzazione e la sua vita: si memorizzano. 

2.Valgono per tutte le analisi generali, evitando di indicare nomi, luoghi, situazioni determinanti. 

3.Non dimenticarli, non portarli con sé in azione. 

4.prestarli solo in caso di reale necessità. 

5.Non vi devono figurare né indirizzi né tanto meno numeri telefonici.

DISCORSI
1.Evitare discussioni sulla vita dell'organizzazione -anche con compagni- fuori dalle sedi adatte. 

2.Nei luoghi pubblici, quando ci si trova tra compagni, si evitano pre o post riunioni: questo specie in vicinanza delle sedi. 

3.Partire dall'ipotesi che tutti i telefoni sono controllati e quindi limitarne l'uso a brevi comunicazioni.

MACCHINE: Anche la macchina è un bene che l'organizzazione dà in dotazione al compagno. Egli è dunque responsabile della sua manutenzione. I documenti della macchina vanno accuratamente controllati al momento della consegna per verificare eventuali imperfezioni. Essi vanno inoltre periodicamente controllati tenendo presenti le varie scadenze dei bolli, della patente. 

La macchina all'interno deve figurare ordinata. Non devono esserci accumulati giornali di ogni genere, volantini o cartacce. Ogni sera occorre togliere l'eventuale radio o mangianastri, o altro che possa attirare l'attenzione dei ladruncoli. La macchina non deve essere prestata a nessuno salvo casi effettivamente urgenti o eccezionali. 

Deve diventare abitudine di ogni compagno quella di guardare spesso lo specchietto retrovisore delle macchine. In particolare ogniqualvolta si rincasa o ci si reca in qualsiasi struttura dell'organizzazione occorre accertarsi di non essere seguiti. È bene prendere l'abitudine di compiere qualche giro vizioso appositamente studiato per verificare in modo sicuro di non essere pedinati 

1.Non posteggiarle nelle vicinanze delle sedi. 

2.In ogni caso la macchina, anche in azione, deve contenere solo il minimo indispensabile di attrezzi meccanici utili per il suo ed il nostro effettivo funzionamento. 


3.Partire dall'ipotesi che la macchina può essere perquisita o ispezionata in qualsiasi momento. 


4.Non sempre la macchina è il mezzo migliore di riparo. 


5.le macchine nuove non devono essere intestate ai compagni. 


6.Che bollo e patente siano sempre in regola e la macchina in perfetta efficienza. 


7.I compagno devono sempre sapere il nome del proprietario della macchina presa in prestito. 


CASE: «La casa è un bene dell'organizzazione che viene affidata in dotazione al militante: essa deve essere gestita secondo regole precise, inderogabili, uguali per tutti. Ogni casa deve essere frequentata esclusivamente dai militanti che ci abitano e conosciuta da un altro membro dell'organizzazione o della colonna precedentemente designato. Quest'ultimo dovrà recarsi nella casa solo per ragioni di particolare necessità. 

È ovvio, ma purtroppo necessario, ribadire che nessun altro (familiari, compagni legali e di brigata) deve conoscere né la casa di abitazione né la zona dove essa è ubicata. La tecnica di portare un compagno nella propria struttura con gli occhi bendati va rivista e usata solo in casi di assoluta emergenza. 

La strada deve prestarsi ad un facile controllo da parte del militante e a un controllo scoperto da parte del potere; cioè possibilmente non deve essere vicina a bar, luoghi pubblici di vario genere: negozi, istituti, magazzini. Quando un compagno prende possesso di una casa dell'organizzazione il suo primo compito è quello di costruirsi, nei dettagli anche minimi, come una figura sociale ben definita. Decide di presentarsi come operaio Fiat, o come professore, o come rappresentante. 

Il ruolo che ogni compagno si è assunto deve poi manifestarsi coerentemente nella sua vita di tutti i giorni. 

Se ad esempio si è assunto il ruolo di artigiano, bisognerà uscire di casa prima delle otto del mattino e non rientrarci fino alle 12.30, riuscire alle 14 e rientra e alle 19 o dopo. Ciò significa che ogni compagno si deve organizzare il proprio lavoro (appuntamenti, inchieste) secondo orari precisi 

Salvo casi eccezionali ogni militante deve rincasare entro mezzanotte. Se non è strettamente necessario, i pasti li consuma a casa. 

Va detto che il ruolo assunto da ogni compagno va studiato attentamente per poter giustificare l'eventuale irregolarità del proprio comportamento. Per principio ogni militante deve presentarsi con aria rassicurante e gentile con i vicini di casa, ma è assolutamente necessaria una stretta riservatezza. 

1.Non tenere in casa nulla dell'organizzazione e dei compagni: il materiale deve essere consegnato a Z (è il responsabile dei collegamenti della singola colonna) per la centralizzazione. 

2.Partire dall'ipotesi che la casa può essere perquisita e ispezionata in ogni momento. In caso di perquisizione chiedere prima di avvertire il proprio legale, che ha il diritto di assistervi. 


3.Come nei luoghi pubblici, non assumere atteggiamenti provocatori e di disturbo. 


4.Per chi trasloca, scegliere stabili con citofono, onde evitare costi inutili di portierato. 

PERSONA: Ogni compagno deve essere decorosamente vestito ed in ordine nella persona: barba fatta, capelli tagliati. È bene girare con non più di due documenti e cioè la patente e una carta d'identità non legata ad alcunché. Bisogna avere con se solo il materiale strettamente necessario al lavoro che si sta conducendo. Ogni militate dovrà portare la propria arma addosso. 

In caso di arresto, subito si declinano le generalità del documento di cui si è in possesso. Solo davanti al magistrato si declinano le proprie generalità. Ogni militante deve rifiutarsi di rispondere a qualsiasi tipo di domanda. La rivendicazione della propria identità politica è un fatto successivo che possibilmente verrà concordato con l'organizzazione. 

Nei riconoscimenti, se si viene arrestati, è bene riuscire a scambiarsi di posto con qualunque carabiniere accanto, poiché spesso il riconoscimento è già prestabilito.

In ogni ora il nemico può individuare una base, ad ogni appuntamento il compagno può essere pedinato, il colpo può arrivare in qualsiasi momento, tutta la notte e per tutto il giorno. In caso di arresto, negare sempre. L'esperienza dimostra che il nemico difficilmente è in grado di colpire mentre entriamo in azione, mentre più frequentemente sferra gli attacchi infilandosi nella smagliatura dell'organizzazione.

Nei rapporti con i familiari vanno tenuti presenti i tempi politici del lavoro dell'organizzazione. Prima e dopo le azioni, grosse o piccole che siano, non si possono avere rapporti. Quando la repressione colpisce le zone legali occorre tenersi nel modo più assoluto lontani. Bisogna avere cura di costruire alibi resistenti ai legali, qualora si trascorra con essi un periodo di tempo.

Per lavoro clandestino intendiamo il consolidamento di una base materiale economica, militare e logistica che garantisca una piena autonomia alla nostra organizzazione e costituisca un retroterra strategico al lavoro tra le masse.

È molto importante per l'organizzazione riuscire a non farsi fotografare o tanto meno riprendere in TV. Spesso questi fatti hanno causato la caduta di strutture dell'organizzazione. 

1.Portare sempre con sé un documento di riconoscimento che deve essere esibito su richiesta. In caso di rifiuto si viene accompagnati in questura per rilievi segnaletici. 

2.Controllare la scadenza del passaporto e tenerlo aggiornato. Chi non lo avesse lo faccia subito. 


3.I compagni con precedenti penali possono controllare la loro posizione mediante richiesta dei certificati penali.


4.Il taccuino dei numeri di telefono e dei nomi dei compagni deve essere abolito: i numeri corrispondenti si trovano sull'elenco telefonico, quelli di uso corrente si imparano a memoria; quelli che non appaiono sulla giuda e che non si memorizzano, si cifrano personalmente e si scrivono su un foglietto. 


5.Le agende degli appuntamenti sono ammesse purché i fogli degli appuntamenti scaduti siano distrutti; si consiglia l'uso di schede settimanali. 


6.Gli indirizzi dell'organizzazione devono essere consegnati a Z per la centralizzazione. 


7.Partire dall'ipotesi che l'abito non fa il monaco. 

LEGAMI DI PARENTELA E AMICIZIA: I rapporti con la legalità sono il punto più debole di tutto il nostro lavoro. L'accerchiamento periferico avviene infatti a partire da quelle zone legali che si sospetta siano in contatto con l'organizzazione: mogli, famiglie, avanguardie politiche che si espongono. Dobbiamo dare per scontato che a partire da questi punti in nemico cercherà di giungere ai compagni clandestini. È necessario dunque regolamentare questi rapporti nella maniera più rigida. 

1.Verso il mondo esterno bisogna acquisire una dimensione di "autonomia" ponendo una barriera tra sé e gli altri. 

2.Liquidare il proprio passato pericoloso. 

RAPPORTI CON COMPAGNI ESTERNI ALL'ORGANIZZAZIONE: Per nessun motivo i compagni delle forze regolari devono frequentare le case dei compagni irregolari o di militanti non completamente esterni all'organizzazione. Con tali compagni la discussione riguarda esclusivamente le analisi generali e la strategia. Non si deve fare assolutamente alcun riferimento all'organizzazione. 

VIGILANZA
1.Ogni compagno deve essere in grado di cogliere, valutare e verificare (nei pressi dell'abitazione, della sede o quando è in auto) tutte le situazioni anomale (spie, piantoni, macchine sospette, ecc) e deve indicare tutti i dati possibili a Z. I sospetti devono essere verificati onde evitare tensioni allarmistiche inutili; questo vale anche per notizie eventuali di fermi ecc. di altri compagni, perquisizioni di case o sedi e arrivo di fascisti. 

2.Queste note non basta averle in tasca o in testa: si devono assimilare e metere in pratica si da ora. Poi si distruggono. 

OGNI LEGGEREZZA E' L'INIZIO DI UN TRADIMENTO. ANCHE SENZA VOLERLO POSSIAMO COMPORTARCI DA SPIE E DA DELATORI. IL IL RISULTATO NON CAMBIA: LA SI PAGHERA' CARA. 

Fonte www.bibliotecamarxista.org