domenica 27 settembre 2020

Alcuni dati sulla Liguria

 Come si sa alle regionali Liguri ha vinto Toti del centrodestra sulla coalizione formata dalla sinistra e dal M5S di Sansa. Tutto come previsto. Conosco bene la Liguria avendoci vissuto in gioventù e ho ancora amici con cui mi confronto in merito alla situazione politico-sociale del posto. Ad essere sincero oramai ci capito raramente e quindi non sono molto aggiornato sugli eventi specificamente politici Liguri. Ma qualcosa so e ricordo.

Ho sentito molti commentatori dire che Toti ha vinto principalmente per la tempistica della costruzione del ponte. Aperto al traffico giusto prima delle consultazioni regionali. Essendo figlioccio del berlusca ed avendo lavorato in tv conosce bene tempi e modi della propaganda moderna ma il suo successo non è dovuto, secondo me, principalmente al ponte. O almeno non è la causa principale. Prima di tutto fino all’ultimo il centrosinistra non è riuscito a trovare nessun candidato degno da opporre. La sconfitta era insita già nel fatto di aver dovuto chiedere al M5S di “prestare” un candidato alla sinistra. Non c’era letteralmente nessuno della classe dirigente progressista a Genova e in Liguria disposto a correre per queste regionali. Nessuno. In più Toti ha saputo lavorare (dal punto di vista del suo elettorato) bene sul territorio. Lavorare sul territorio è un modo di dire politichese che sta per “spostare soldi” da un posto ad un altro, da una classe sociale ad un’ altra. In Liguria i soldi sono arrivati nelle zone migliori lasciando quelle più disagiate e povere alla deriva. E questo si è rispecchiato anche nel voto.

Fatta questa premessa del tutto personale è ovviamente di parte, passerei ai dati. Quello che conta per me è il numero di votanti che un partito riesce a convincere. Non tanto le percentuali. In altre parole un partito o leader è tanto più forte quanto riesce a far alzare il culo dal divano ad un cittadino e portarlo al voto. Prendo i dati delle regionali del 2015 e del 2020, le politiche del 2018 e le europee del 1029. Sono elezioni, tutte, imparagonabili. Anche le due regionali — che potrebbero essere paragonate — sono di difficile lettura perché nel primo caso c’erano tre poli, nel caso del 2020 due poli.

Partiamo dal numero di elettori dei tre poli delle ultime quattro tornate elettorali. Il totale per le regionali tiene conto anche delle liste del presidente e di quelle civiche. I dati delle politiche del 2018 si riferiscono alla sola camera. Non pretende di essere uno studio dei flussi elettorali ma solo di dare un’ idea di cosa succede in Liguria a livello politico.

 

Lista Regionali 2015Politiche 2018Europee 2019Regionali 2020
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CDX226.710320.644351.701383.053
Lega+FI+FDI194.057312.776351.701208.434
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Lega109.209171.352251.696107.340
FI68.286108.90757.88733.006
FDI16.56232.51742.11868.088
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CSX183.272207.071242.389216.784
CSX+M5S265.506
PD+S++EUR+EV242.231242.389165.776
PD+M5S173.308
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PD138.257169.766185.260124.586
Sinistra16.14838.08316.14815.451
Lista +EUR-IV16.546
Parito +EUR29.12922.649
Europa Verde5.25318.3329.193
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M5S163.527259.264122.53648.722

Sotto il link alla tabella in formato grafico per una lettura migliore.

Già dalla tabella si capisce come il centrodestra sia maggiormente strutturato del centrosinistra. Lasciando perdere la penosa alleanza PD-M5S alle ultime amministrative, la sinistra è un continuo viavai di partiti che si alleano, poi si staccano, cambiano nome, ritornano. Il centrodestra ha tre partiti — lega, FI, FDI — che corrono sempre insieme, sempre gli stessi. Questa situazione di frammentazione e confusione alla lunga si paga. E infatti la confusione della sinistra — o per meglio dire della parte progressista del panorama politico — è evidente e si tocca con mano ad ogni risultato elettorale.

Questo l’andamento dei tre poli nelle quatto tornate elettorali in numero di elettori.

(clickate l’immagine per ingrandire)

Nel seguente grafico l’andamento dei cinque maggiori partiti: PD, Lega, FI, FDI, M5S. Il primo e il quarto valore ovviamente risentono dei voti sottratti dalle liste dei candidati e delle varie liste civiche.

(clickate l’immagine per ingrandire)

Adesso alcune curiosità. Si è sempre detto che la Liguria — e Genova in particolare — fossero zone rosse. Come risulta evidente non è più così. Ci sono però ancora zone rosse che, ancora nell’ultima elezione, si sono dimostrate tali. Sono principalmente i luoghi di tradizione operaia, nel ponente soprattutto. Inoltre anche le zone portuali sono rimaste di sinistra ancora oggi. Basta pensare al centro cittadino nel porto di Genova e a Voltri.

Nel comune di Genova la situazione ha subito un continuo cambiamento. Il M5S è il partito che è stato il più ondivago. E’ passato da 72.310 voti nelle regionali del 2015 a 47.080 nelle europee per poi arrivare a soli 19.166 elettori. Quei voti dove sono andati a finire? Non sulla Lega, né sul PD. Almeno non in modo massiccio e compatto. Questi due partiti hanno un andamento simile, con un vantaggio numerico del PD. La lega è passata nelle due tornate elettorali amministrative dal 2015 con 32.632 votanti ad oggi con 28.820. Il PD è passato da 48.641 a 45.491, sempre nelle stesso periodo di tempo e sempre a Genova. Durante le europee del 2019 i numeri dei due partiti sono ovviamente più alti: 70.663 per la lega, 77.044 per il PD.

Come dicevo a Genova la differenza tra ponente (zona industriale rossa) e levante (zona turistica ricca) continua ad esserci, non con una divisione netta e precisa al kilometro ma questa immagine lo illustra abbastanza bene.

(clickate l’immagine per ingrandire)

Le zone rosse sono principalmente Voltri, Crevari, Sestri Ponente. Anche la zona del Valpolcevera (vicino al ponte nuovo) è risultata con una maggioranza di sinistra. Ci sono delle eccezioni, comunque. A Cornigliano ad esempio, zona industriale per eccellenza (c’è l’ILVA) è risultato vincente Toti ed in alcune sezioni della Valpolcevera anche (qui probabilmente ha giocato molto la propaganda sul ponte). In centro città, dove c’è il porto (zona porto antico) Sansa è arrivato a percentuali del 61.12%. E qui bisogna dire due cose veloci sulla immigrazione. A Cornigliano, negli ultimi tempi sono arrivati molti stranieri, principalmente dal’Uruguay. Il luogo è lasciato a sé stesso e gli stranieri sono quasi ghettizzati. L’integrazione non è stata fatta. Di contro, nel centro storico, ci sono molti stranieri, qui principalmente africani, che si sono integrati. Lavorano, hanno spesso negozi propri e fanno parte del tessuto sociale cittadino. Questo per dire che l’immigrazione senza integrazione è un regalo per le destre. L’integrazione se fatta bene dà i suoi frutti, ma bisogna avere la volontà politica e la capacità tecnica di farla. Nei famosi vicoli del centro storico la sinistra è spesso vincente. Arriva al 55.28% proprio nella sezione dove c’è la famosa via del campo. In via del campo c’è una puttana, cantava De Andrè. E ancora qualcuno di sinistra.

Uscendo da Genova, vorrei fare un ringraziamento anche ai sei compagni di Portofino che hanno votato a sinistra. Qui Toti è andato tranquillo verso l’88,5%. Poi dicono che è pieno di radical chic. L’unico paese delle cinque terre a La Spezia di sinistra è Riomaggiore: Sansa ha vinto con il 59,2%.

Imperia per la sinistra è stato un disastro. L’unica sezione dove la destra non ha vinto è stata nella zona di Terzorio, dove però lì il successo non è andato alla sinistra di Sansa ma ad Aristide Fausto Massardo che era sostenuto da Italia Viva di Renzi. Per dire. Il riepilogo di Imperia spiega molto bene dove la sinistra ha perso di più in Liguria.

(clickate l’immagine per ingrandire)

In definitiva è andata come ci si aspettava. Il centrosinistra, invece di provare improbabili alleanze con i populisti, dovrebbe cercare maggiore chiarezza. Anche il mondo Ligure progressista deve trovare a sinistra e al centro del PD due partiti stabili e duraturi nel tempo, altrimenti si crea solo confusione nell’elettorato.

 

sabato 29 agosto 2020

Helter Skelter

Cominciamo con la doverosa premessa che i fatti e i colloqui che riporto in questo articolo sono il risultato di interrogatori processuali, inchieste giornalistiche ed altro ancora. Alcune parti potrebbero essere andate diversamente o non essere avvenute affatto ma dopo molti anni si è giunti ad una verità dei fatti principali su cui c’è diffuso accordo.

Il sabato del 9 Agosto 1969 è una giornata calda e soleggiata. In casa — una villetta al 10050 di Cielo Drive a Los Angeles — Sharon Tate è sola. Il marito Roman Polanski, famoso produttore cinematografico, è a Londra per seguire le riprese di un suo film. La coppia figli non ne ha ancora, ma il primo dovrebbe arrivare tra poco: Sharon è incinta di 8 mesi. La villetta nella tarda mattinata comincia ad animarsi. Arrivano la domestica e subito dopo l’imbianchino che avrebbe dovuto lavorare alla cameretta del futuro figlio. Alle 11 di mattina la domestica — Winifred Chapman, una signora di colore — mentre sta lavorando sente Sharon che risponde ad una chiamata. “Roman sta ancora lavorando a Londra. Sono preoccupata che non riesca a tornare per il suo compleanno, il 18, ma mi ha assicurato che dovrebbe arrivare, se tutto va bene, il 12”, le aveva poi detto dopo aver posato la cornetta.

Verso mezzogiorno arrivano due amiche dell’attrice e mangiano insieme. Poco tempo dopo se ne vanno e si presentano Abigail Folger e Wojciech Frykowski, presenze praticamente fisse in casa Polanski quando il marito è in giro per lavoro. I tre si mettono d’accordo per passare una serata insieme. Non una festa vera e propria, Sharon è incinta e si stanca facilmente. Decidono di invitare anche il “parrucchiere delle star“, il giovane ed ex fidanzato dell’attrice Jay Sebring. Il pomeriggio passa stancamente. Abigail prende la macchina e va a comprarsi una bicicletta e poi alla 16:30 ha il suo consueto appuntamento con la psicologa. Anche Wojciech, la domestica e l’imbianchino se ne vanno in rapida successione. Sharon — rimasta sola — si addormenta.

Nel tardo pomeriggio Jay prende la sua porsche e si dirige a casa Polanski. Alle 20 si presenta alla porta il fattorino con la bicicletta appena comprata da Abigail. Jay va ad aprire e, dopo essersi fatto spiegare per cosa è venuto, gli dice: “Mettila dove vuoi, dietro al garage va bene”

Arrivano anche Abigail e Wojciech. I due — sebbene si sia deciso di fare serata tranquilla — si sono portati delle pasticche di MDA, la droga “nuova” che gira a Los Angeles. Comuque sia, niente di straordinario. Fuori per un boccone. Ritorno a casa presto. Qualche canna di marijuana e poi tutti a letto. Una serata che per l’ Hollywood degli anni 60 si potrebbe definire “noiosa“.

Vicino alla villetta di Sharon c’è una dépendance. Viene usata da William Garretson il “tuttofare” del complesso di villette che si trovano nella via. Mentre torna da Sunset street — dove aveva comprato le sigarette e da mangiare — nota che nella casa dell’attrice le luci sono accese. Sono indicativamente le 22. Sempre a tarda sera Steve Parent, un giovane ragazzo di 18 anni, prende una radio sveglia della Sony, se la mette in macchina e parte in direzione cielo drive per cercare di riverndere la radio a William.

In un’ altra dimensione ma sempre intorno a tarda sera, allo Spahn ranch la famiglia Manson ha appena finito di cenare. Charles Manson prende da parte Tex Watson e tre ragazze, Susan AtkinsPatricia Krenwinkel e Linda Kasabian, e gli dice: “Vestitevi di nero, andate a prendere la pistola e i coltelli. Prendetevi anche un cambio di vestiti. Tu, Linda prendi anche la tua patente.” Mentre Charlie e Tex discutono fittamente tra di loro, le ragazze vanno a prendere vestiti e armi. I ragazzi salgono in macchina. Prima di partire Charlie si affaccia da un finestrino posteriore e dice alle ragazze di fare tutto quello che dice Tex e di comportarsi “da streghe“.

Durante il viaggio Tex dà a Linda i coltelli e la pistola — una Longhorn calibro 22 — avvolti in un sacchetto e le dice di tenerlo sotto il sedile. Durante la mezz’ora del viaggio non parla praticamente nessuno. Solo Tex dice che dovranno andare in una casa che lui conosce bene. Nulla di più, nulla di meno. Verso mezzanotte arrivano a cielo drive. Parcheggiano la macchina poco distante dal cancello di ingresso della villetta di Sharon Tate. Tex prende una tronchese dalla macchina e si arrampica per tagliare i cavi del telefono diretti al complesso residenzale. Prendono le armi e gli zaini con dentro i cambi di vestiti e si dirigono verso il cancello. Potrebbero aprire premendo il pulsante di apertura vicino al cancello (non c’è combinazione o campanelli) ma farebbe troppo rumore. Allora camminano lungo la staccionata che limita la casa e, notato un punto dove si riesce a scavalcare agevolmente, si intrufolano dentro. La scena è da film. Le ragazze, con lo zaino, scalze e con il coltello tra i denti, scavalcano la staccionata insieme al ragazzo. Una volta entrati si dirigono nel vialetto che porta verso l’abitazione.

Steve non è riuscito a vendere a William la radio sveglia. E’ rimasto per una birra, ha salutato, preso la macchina e si è diretto dal vialetto principale verso l’uscita. I quattro della famiglia Manson vedono le luci della macchina e Tex, dopo aver detto alle ragazze di nascondersi, va incontro a Steve e gli fa segno di fermarsi. Punta la pistola verso il lato del guidatore. “Non dirò niente. Per favore, lasciatemi andare”. Fa in tempo a dire solo questo il giovane ragazzo, poi partono quattro colpi di pistola. Watson, dopo aver ucciso il guidatore, spegne il motore della macchina e la spinge — facendosi aiutare dalle complici — verso il bordo della strada. A Linda dice di rimanere fuori; di nascondersi per vedere se arriva qualcuno.

Tex, Susan e Patricia — camminando velocemente — passano il garage, la piscina e, seguendo il vialetto di pietra, arrivano davanti all’entrata principale della casa. Il ragazzo nota una finestra poco vicino e entra da lì; da dentro apre la porta e fa entrare le due complici. Una volta entrati si dirigono verso una camera grande e notano un uomo sdraiato sul divano che dorme. E’ Wojciech. Forse perchè ha il sonno leggero, forse perchè i tre hanno fatto dei rumori, l’uomo su sveglia. “Che ore sono?” chiede, probabilmente pensando sia un invitato di Sharon arrivato mentre lui dormiva. E come risposta Tex gli punta la pistola e gli intima: “Stai zitto e non ti muovere!”. Wojciech, cominciando a svegliarsi : “Ma cosa vuoi? Chi sei?”. E Watson: “Sono il diavolo e sono venuto a fare il suo lavoro!”

Tex ordina a Susan di fare un sopralluogo in caso ci fossero altre persone nella casa. In una camera vede Abigail sveglia, intenta a leggere un libro. Le due donne si guardano, si sorridono e si scambiano un saluto con la mano. Procedendo la ragazza vede in un’ altra camera Sharon sdraiata sul letto e Jay seduto sul bordo che parlano tra di loro. Questa volta non viene vista e ritorna da Tex per riferirgli la cosa. Decidono di legare con una corda Frykowski e di andare a prendere gli altri armati di coltello. I quattro residenti si trovano ora nella sala insieme agli intrusi. La tensione è altissima ma pensando si tratti di una rapina Sharon e i suoi ospiti decidono di seguire gli ordini che vengono dati. Quando però Watson intima a tutti di sdraiarsi a terra a pancia in giù, Jay si rifiuta dicendo che la donna è incinta e non può. Come risposta riceve una scarica di proiettili. A quel punto il panico si diffonde.

Le due donne si mettono a gridare. Abigail dice: “Vado a prendere i soldi. Non fateci del male”. Susan l’accompagna a prendere il portafoglio e si fa dare 72 dollari. La carta di credito però la rifiuta. Quando ritornano Tex stava passando una corda intorno al collo di Wojciech e con la stessa corda e sempre facendola passare sul collo stava legando la Tate. Appena arriva Abigail anche lei viene legata e la corda viene appesa da un’estremità sul tetto, costringendo i malcapitati a stare in piedi per non soffocare. Tex dopo aver ordinato a Susan di accoltellare Wojciech urla verso le vittime: “Morirete tutti”. Avendo ormai capito che lo scopo non era la rapina ma qualcosa di più fatale, le vittime cercano di liberarsi. Mentre Susan si avvicina con il coltello, Wojciech riesce parzialmente a liberarsi e i due cominciano una lotta. Abigail riesce a slegarsi e cerca di fuggire.

La confusione è totale. Tex accorre in aiuto di Susan e colpisce ripetutamente Frykowski in testa con il calcio della pistola. La vittima riesce comunque a scappare ma viene raggiunto e accoltellato svariate volte fino a che non muore sull'erba fuori dall'abitazione. Prima dell'inseguimento Watson aveva detto a Susan di "occuparsi" di Sharon. “Lasciami stare. Per favore. Voglio solo avere il mio bambino”. “Zitta stronza! Non mi interessa, non ho la minima pietà per te!” Mentre si svolgeva questo surreale ed inquietante botta e risposta tra la Tate e Susan, Patricia stava lottando e accoltellando Abigail; Tex, vedendola in difficoltà, l’aiuta. Anche lui questa volta usa il coltello (la pistola si era rotta dopo aver colpito in testa Wojciech). Susan non riesce ad accoltellare Sharon che cerca di divincolarsi e interviene nuovamente Watson che sferra poche ma tremende e fatali coltellate al petto della povera ragazza incinta.

I tre killer escono in cerca di Linda che intanto — sentendo le urla — si era avvicinata alla casa. La chiamano — non a voce troppo alta ovviamente — per andarsene. Mentre sono in cerca di Linda vedono Abigail poco distante che, strisciando per terra, coperta di sangue, cerca per quanto possibile di allontarsi dalla furia omicida. La finiscono. A quel punto Tex dice a Susan di andare dentro e scrivere qualcosa con il sangue di una delle vittime. La ragazza rientra. Dentro ormai c’è un silenzio totale. Quando si avvicina a Sharon sente il gorgoglio del sangue. Prende un asciugamano e lo intinge. Si dirige verso la porta principale e lì scrive con il sangue “Pig“. I tre trovano Linda e si dirigono verso la macchina per scappare.

Durante il tragitto si cambiano e buttano i vestiti usati e le armi dalla macchina. Arrivati al ranch trovano Charlie con la sua inseparabile chitarra e le sue inseparabili ragazze. Charlie si avvicina e dice: “Avete fatto presto”.

https://movimentocaproni.altervista.org/blog/helter-skelter-2

lunedì 10 agosto 2020

La tempesta sta per arrivare velocemente

 Il primo omicidio della famiglia Manson

Aaron Stovitz (Vice procuratore distrettuale): “Pensi che uccidere sia sbagliato?”

Mary Brunner (Membro Comune Manson): “Penso che o è sempre sbagliato o è sempre giusto. Non ci sono vie di mezzo”

AS: “Con questo intendi le uccisioni nelle guerre e cose del genere?”

MB: “E le camere a gas nelle prigioni, cose come queste”

(Interrogatorio Mary Brunner per l’omicidio di Gary Hinman, Dipartimento dello sceriffo della contea di Los Angeles, California, 6 Aprile 1969)

Con questa inconsapevole — per l’interrogata — ma emblematica perla nichilista si riesce ad intravedere un altro motivo per cui alcuni membri della famiglia Manson da giocosi e innocui hippie siano potuti diventare “killing machines”. Di motivi che hanno contribuito alla rabbiosa e oscura paranoia collettiva della comune divenuta setta — come ovvio che sia nelle situazioni particolari — ce ne sono stati altri, sia sociali che personali: società americana in trasformazione, guerra in Vietnam, estremismo culturale, giovani oppressi da un fanatismo bigotto presente in molte famiglie americane, situazioni familiari instabili, razzismo dilagante e spesso semi-istituzionalizzato. Insomma come è, perchè sia successa una cosa del genere, non è argomanto banale. Il movente di atti criminali è già difficile da trovare per singole persone figuriamoci per un gruppo. Così come è difficile conoscere gli obiettivi di una comunità molto chiusa. Cercherò di formulare alcune conclusioni nell’articolo finale di questa serie. Perchè poi questa escalation sia potuta succedere proprio in questa comune — anche questo — è un interrogativo interessante. Con molta probabilità il passaggio da comune a vera e propria setta ha fatto sì che gli appartenenti alla stessa “allineassero” acriticamente il proprio pensiero con quello del del loro guru.

Ma passiamo ai fatti.

E’ il 25 Luglio 1969 Charles Manson — sempre bisognoso di soldi per le sue “attività” — si rivolge a tre suoi compagni di comune: Bobby BeausoleilSusan Atkins e Mary Brunner. Dice loro di andare a casa di Gary Hinman a “prendere dei soldi“. E qua siamo già alla prima divergenza riguardo al movente. Tra interrogatori, interviste, ritrattazioni, inchieste giornalistiche, spesso siamo in presenza di testimonianze diverse, quando non contraddittorie. Da una parte viene affermato che Manson voleva che Hinman — come del resto avveniva per tutti gli altri membri della cosidetta famiglia — cedesse tutti i suoi averi materiali alla comune, e per questo aveva mandato qualcuno a ricordarglielo. Dall’altra si pensa ad un scambio di pillole di mescalina scadente venduta da Hinman a Beausoleil e a sua volta rivenduta al gruppo di motociclisti Straight Satans per una loro festa. Avendo verificato la scarsa qualità delle pillole, i motociclisti si rivolsero a Beausoleil per avere indietro i soldi.

Quale che sia il vero movente fatto sta che i tre — Bobby, Susan e Mary — si presentano alla porta di casa di Gary. Questi ogni tanto si faceva vedere allo Spann ranch e aveva contatti con Manson. Era un musicista e si stava convertendo al buddismo. Inoltre era amico di Bobby in quanto per un periodo di tempo avevano vissuto insieme proprio nella casa dove avvenne l’omicido.

Del tutto tranquillo Hinman, fa entrare i suoi “amici” e cominciano a parlare del più e del meno. E’ venerdì sera.

Ad un tratto Bobby tira fuori la pistola e dice a Gary di dargli tutti i soldi che ha. Hinman però afferma che a casa non ha soldi ma li ha sul conto corrente controfirmato da suo padre e non puoi prenderli senza il suo consenso. I tre aggressori — non sapendo come comportarsi — telefonano al ranch per parlare con Manson e gli dicono che “Gary non sta cooperando“. Verso le due di notte arriva Charlie Manson, accompagnato da un altro membro della comune: Bruce Davis. Dopo pochi secondi Charlie, con una piccola spada, ferisce il povero musicista e in pratica gli apre l’orecchio in due. Dopo questa performance se ne va e rivolgendosi a Bobby dice: “Ti ho fatto vedere come si comporta un uomo. Adesso fatti dare i soldi!“. Manson e Davis escono e tornano al ranch.

Per due giorni i tre rimangono in compagnia di Gary e cercano in tutti i modi di convincerlo. Durante la “prigionia” il musicista tenta una fuga ma viene intercettato e ha luogo un combattimento in cui viene ancora ferito. In questi due giorni la situazione rimane stabile, si potrebbe dire surreale, con Susan che va a fare la spesa (?!) e che risponde al telefono (?!) facendo l’accento inglese per non destare sospetti. Ad un certo punto Susan e Mary cercano di ricucire l’orecchio di Gary con ago e filo. La situazione vira verso l’assurdo — stiamo comunque sempre parlando non di killer professionisti — ma è oramai chiaro che non si sbloccherà in ogni caso. Bobby telefona nuovamente a Manson e indicativamente il colloquio si chiude in questo modo:

Bobby: “Continua a non cooperare. Oramai ha visto troppo. Come mi comporto?

Charlie: “Sai quello che devi fare!

E’ domenica. Beausoleil si avventa contro Hinman e lo accoltella al petto. Due volte. Scrivono con il sangue della vittima “Political Piggy” (maiale politico) e disegnano una zampa di pantera, ovvio rimando al simbolo dei Black Panther.

(Le scritte all’interno della casa di Gary Hinman, 1969)

Prima di uscire di casa sentono la vittima rantolare rumorosamente. Prendono un cuscino e lo mettono sopra il viso per far sì che nessuno potesse sentire i rumori da fuori. Gary Hinman muore. I tre aggressori, una volta usciti, tornano al ranch.

Arresto di Bobby Beausoleil

Come già scritto, non essendo killer professionisti, la confusione regna sovrana. Bobby torna due giorni dopo nel luogo del delitto per cancellare l’eventuali impronte lasciate dopo il primo “lavaggio” della Domenica. Cerca — non riuscendoci del tutto però — di cancellare anche le scritte col sangue sul muro che aveva fatto insieme alle due fanciulle. Il 31 Luglio alcuni amici di Gary scoprono il cadavere ed avvertono la polizia.

Qui c’è un video che mostra la casa e il suo accesso. Nella breve intervista viene appunto detto della scoperta della vittima e che all’interno sono distinguibili evidenti segni di lotta.

(Ritrovamento del cadavere di Gary Hinman, Associated Press, 31 Luglio 1969)

L’arresto di Bobby avviene il giorno 6 Agosto 1969. E’ un evento tra il comico e il tragico.

I tre aggressori, dopo aver ucciso Hinman, avevano rubato le tre macchine in possesso della vittima. Il musicista — che non aveva di certo problemi economici — aveva anche una FIAT Station Wagon del 1965. Nei vari atti del processo non ho trovato il modello esatto. Comunque sia, Bobby utilizza la FIAT per i suoi spostamenti nei giorni successivi. Questa è una foto del presumibile modello della macchina.

(FIAT Station Wagon Modello 1100-D, 1965)

Beausoleil ferma la macchina e si addormenta. All’interno c’è ancora il coltello utilizzato per l’omicidio. Si accosta un’auto della polizia. Veloce controllo: la macchina risulta rubata e il proprietario è stato ucciso pochi giorni prima. Viene trovato un coltello e una carta di credito che Bobby dice essere di un amico ma che risulta anch’essa rubata. Alla domanda sul perchè si trova alla guida di una macchina non sua, risponde che due persone di colore gliel’hanno venduta per 200 dollari.

Dopo questa conversazione, Bobby viene portato subito alla stazione della polizia per accertamenti. Durante gli accertamenti si scopre che ha dato anche un nome falso: Jason Lee Danials.

Il giorno dopo viene arrestato. Nella sua prima dichiarazione afferma che era andato a casa di Gary, che lo aveva trovato ferito e che lo stesso gli aveva riferito che erano stati tre uomini di colore ad aggredirlo. Si era fatto dare le chiavi della macchina. Infine se n’era andato.

A parte l’assurdità di una persona che entra a casa di un amico, lo vede ferito e si fa prestare le chiavi della macchina, è interessante notare come il lavaggio del cervello di Charles Manson sull’Helter Skelter e sulla guerra tra razze fosse introiettato già nella coscienza dei membri della comune. Oltra all’evidente volontà di far ricadere l’omicidio sulle Pantere Nere, si nota come la carta razziale viene giocata continuamente da Beausoleil. Prima dichiarando di aver acquistato l’auto rubata da due persone di colore e poi affermando di aver sentito dall’amico Gary che l’aggressione era stata fatta da tre neri. Inoltre c’è da dire che durante l’interrogatorio di Mary Brunner, la stessa confermerà che le scritte sui muri erano state fatte con l’esclusivo scopo di sviare le indagini ed indirizzarle verso l’organizzazione politica delle Black Panthers. Mary diventerà in seguito la testimone principale che, dopo essersi garantità l’immunità per i soli fatti legati a Gary Hinman, sarà fondamentale per la condanna di Bobby al processo.

(Mary Brunner intervistata durante il processo Hinman, 1970)

Che Manson credesse veramente alla teoria Helter Skelter o che la utilizzasse al solo scopo di soggiogare e manipolare i compagni della sua comune non sembra essere importante. La paura di essere circondati e di essere prossimi ad una guerra razziale che lascierà ben pochi sopravvissuti sarà comunque il movente principale utilizzato dalla procura per provare la cospirazione ed includere in tutti gli omicidi Charles Manson come capo della comune e mandante degli omicidi.

Visto che se n’è parlato molto, non posso non mettere la canzone. Il pezzo è del 1968, si chiama naturalmente “Helter Skelter” e fa parte dell’album “The Beatles“, anche conosciuto come white album, il nono registrato dal gruppo.

(Helter Skelter – The Beatles, 1968)
https://movimentocaproni.altervista.org/blog/la-tempesta-sta-per-arrivare-velocemente

sabato 18 luglio 2020

L’evoluzione sociale americana

La guerra in Vietnam

Non si può non dedicare alcune riflessioni sugli storici conflitti sociali ed esteri che la società americana stava affrontando. Sebbene, specialmente nell’ultimo periodo, i componenti della comune di Charles Manson fossero quasi completamente isolati dal mondo esterno, di certo ne furono influenzati. Avevano vissuto una vita precedente e — per quanto fossero isolati — le notizie sugli aspetti politici più dirompenti filtravano comunque nella vita della comune.

Dopo la seconda guerra mondiale i francesi vollero riprendersi i territori occupati dall’impero giapponese. I territori coloniali francesi facevano parte della Unione Indocinese che comprendeva lo spazio degli odierni stati del VietnamLaos e Cambogia.

(Territori della Unione Indocinese Francese, 1954)

Per porre fine ai continui conflitti tra le forze occupanti francesi da una parte e le forze nazionaliste e rivoluzionarie comuniste Vietnamiti dall’altra, si organnizzò la convenzione di Ginevra il 26 Aprile 1954. La parte vietnamita venne divisa in due: la parte nord, controllata dalle forze comuniste Vietminh con capitale Hanoi e la parte sud, controllata dalle forze di ispirazione cattoliche con capitale Saigon. I territori in questione erano di importanza strategica. Siamo nel pieno della guerra fredda. Nella conferenza si stabilì che entro un anno si sarebbero dovute tenere elezioni libere in tutto il Vietnam. Le elezioni non verranno mai effettuate. Gli Stati Uniti cominciarono a mandare da subito consiglieri militari nel Vietnam del sud per impedire che anche questa parte subisse la “rivoluzione comunista“. Durante la presidenza democratica di John Fitzgerald Kennedy infatti si fece strada la paura dell’effetto domino dei territori asiatici. Caduto il sud, sarebbero caduti anche i territori confinanti all’interno del socialismo reale.

(Effetto domino in Indocina)

Dopo l’assassinio del presidente Kennedy — il 22 Novembre 1963 — il posto di presidente venne preso da Lyndon Baines Johnson. C’è da dire che la questione nord-sud vietnamita non era uno scontro tra liberalismo e comunismo classico. Insomma, non era USA ed Europa occidentale contro URSS e Cina. In Vietnam la situazione era molto diversa. Nel nord c’erano sì i comunisti ma uniti alle forze nazionaliste e nel sud c’era al potere Diem, a capo della minoranza cattolica, invisa dalla maggioranza della popolazione composta da buddisti, intellettuali e ex-combattenti Vietminh rivoluzionari di ispirazione comunista. Per conservare il potere Diem fece ampio uso di corruzione e utilizzò metodi assolutamente autoritari. In questa situazione, che definire instabile è dire poco, si inserisce il casus belli dello scontro appena accennato nel golfo del Tonchino tra forze navali USA  e Nord-Vietnamite. Il congresso americano concede pieni poteri a Johnson, compreso l’uso della forza. E’ il 7 Agosto 1964, parte la guerra. Sul serio.

Oltre ai bombardamenti col napalm, viene attuata la strategia militare del search and destroy che — in caso di guerriglia — portò più danni che benefici. Non essendo una guerra di confine e sfruttando l’agilità di movimento data dagli elicotteri, questa teoria si basava nell’atterrare in luoghi in cui si presumeva ci fossero dei rivoluzionari, cercarli e, una volta trovati, bruciare case e luoghi del posto. Questo in teoria perché in pratica i guerriglieri Vietnamiti — una volta sferrato l’attacco — si nascondevano lontano dalle case, nei loro inaccessibili nascondigli sottoterra nella foresta. Per i militari USA non c’era verso di capire chi era combattente e chi era un semplice contadino. Si bruciava tutto, inimicandosi in questo modo la popolazione locale e per di più i guerriglieri — precedentemente nascosti — potevano uscire indisturbati dai nascondigli riconquistando il territorio.

Ma l’aspetto che travolse completamente l’amministrazione Johnson fu l’aspetto mediatico. Il 30 Gennaio 1968 l’esercito regolare Nord-Vietnamita insieme ai comunisti rivoluzionari stanziati nel sud diedero vita all’offensiva del Tet. In un unico giorno vennero assaltate e prese d’assedio molte città del sud, Saigon compresa. Questa offensiva avrebbe dovuto far sollevare la popolazione per dar vita alla rivoluzione comunista. Non andò così. L’esercito regolare del Vietnam del Sud e i Marines americani respinsero l’offensiva. Ma questa vittoria militare sul campo divenne una pesantissima sconfitta mediatica in patria. I cittadini americani — e non solo i movimenti politici di sinistra e pacifisti — incominciarono a farsi delle domande alle quali non avevano ancora pensato. In effetti la guerra, per la stragrande maggioranza della cittadinanza, era un “avvenimento lontano”; se ne accorgevano appunto i movimenti più politicizzati e i familiari delle vittime che tornavano nelle bare con la bandiera nazionale sopra.

Ma come? Non era una guerra facile? Non si combatteva in qualche foresta sperduta? Come hanno fatto ad entrare i comunisti nelle città e addirittura ad occupare l’ambasciata americana?

La guerra entrò nelle case di milioni di cittadini tramite la tv, l’impatto politico fu devastante. Johnson annunciò — sempre tramite una diretta tv — la rinuncia alla prossima candidatura.

(Offensiva del Tet, attacco all’ambasciata americana, discorso di rinuncia alla candidatura di Johnson)

La tumultuosa convention democratica di Chicago

Un altro evento fondamentale di quel periodo storico fu la convention Democratica di Chigaco — in Illinois — che si tenne dal 26 al 29 Agosto del 1968. Siamo in pieno clima di contestazione pacifista e rivolte razziali dopo l’assasinio di Martin Luther King avvenuta il 4 Aprile. Johnson, che aveva stravinto le elezioni presidenziali del 1964, si era battuto per l’approvazione del Civil Rights Act nel quale si eliminavano — almeno sulla carta — le disparità razziali e la segregazione nelle scuole e negli uffici pubblici. Il partito Democratico era molto forte negli stati del sud, i quali però rimanevano sostanzialmente segrazionisti, mentre nel nord si poteva quasi parlare di un altro partito. Un ulteriore aspetto divisivo fu la guerra in Vietnam, tra chi era un sostenitore della politica interventista di Johnson e chi era fortemente contrario, come il fratello del presidente ucciso pochi anni prima, Robert Fitzgerald Kennedy. Quest’ultimo avrebbe forse potuto stemperare lo scontro interno al partito ma fu anche lui ucciso il 5 Giugno del 1968.

Si arrivò quindi alla convention con due candidature fortissimamente e ideologicamente contrarie. La parte filogovernativa facente capo a Hubert Horatio Humphrey e la parte “pacifista” e di “sinistra” con a capo Eugene Joseph McCarthy. Durante il congresso, all’esterno — nelle strade e nei parchi di Chicago — ci furono proteste e scontri tra manifestanti e polizia molto violente. I poliziotti — elettori democratici — manganellavano i pacifisti — anch’essi elettori democratici — in città. All’interno della convention le due anime del partito si scontravano senza possibilità di arrivare ad una sintesi politica. Per la prima volta nella storia la polizia entra in un congresso politico per sedare possibili violenze tra delegati. Alla fine vince la linea “governativa”. La parte pacifista perderà parecchi elettori e molti democratici del sud abbandoneranno il partito a causa della politica a favore dei neri tanto da trovare un leader indipendente George Corley Wallace, fortemente contrario ai diritti civili dei neri quando non apertamente segregazionista, che alle presidenziali decise di correre contro il suo ex partito vincendo addirittura in cinque stati — ovviamente del sud — Alabama, Arkansas, Georgia, Louisiana, Mississippi. Si dice che Johnson alla firma dei Civil Right del 1968 disse qualcosa come “Bene, però adesso abbiamo perso il sud per una generazione“. In realtà il partito democratico lo perse per molto più tempo.

Questo è Wallace — governatore democratico eletto in Alabama — in un discorso pubblico: “Segregazione ora, segregazione domani, e segregazione per sempre”

(Discorso pubblico George Wallace in Alabama, 1962)

La convention democratica del 1968 finisce in rissa. Una riproposizione in piccolo di quello che succede nelle strade di Chicago negli stessi giorni.

(Rissa alla convention democratica e proteste in strada a Chicago, 1968)

Il primo fatto criminale della comune di Charles Manson

Ecco, in un atmosfera sociale del genere si sviluppa la comune di Charles Manson. Fu incarcerato nel 1960 per sfruttamento della prostituzione fino al 1967. Ricordiamo che la società americana della fine degli anni 50 e primi anni 60 era strutturata intorno all’idea di famiglia cattolica in cui alla donna era riservato quasi esclusivamente il lavoro di casa ed era educata a “trattenere” i propri aspetti sentimentali e sessuali anche in privato. Una specie di autolimitazione psicologica. In questo senso si capisce il movimento femminile dell’epoca e — insieme alle tante battaglie giuste — lo spaesamento di molte giovani ragazze americane in bilico tra la repressione sessuale familiare e l’amore libero professato dalla controcultura del tempo. Questo spaesamento fu utilizzato spesso da Manson per manipolare le ragazze con cui faceva conoscenza.

L’altro aspetto che caretterizzò la famiglia manson fu l’helter skelter, ossia la visione totalizzante della società americana che sviluppa intrinsecamente il conflitto razziale tra bianchi e neri. C’è da dire che il “razzismo” di Manson — più che a motivi ideologici — era dovuto principalmente alla sua esperienza carceraria. In carcere ci si divideva in gruppi etnici per “autodifesa”. I bianchi da una parte, i neri dall’altra, gli ispanici da un’altra parte ancora. La paura della rivolta dei neri — almeno all’inizio — gli fu introiettata in carcere, per poi divampare con tesi strampalate e allucinate in seguito. Nel 1966 nascono le Pantere Nere, un gruppo politico armato di autodifesa. Oltre alle rivendicazioni sui diritti dei neri, si dotarono di armi per difendersi e controllare l’operato della polizia.

(Pantere Nere armate mentre subiscono un controllo della polizia)

Tex Watson — un appartenente alla comune di Manson — era solito procurare la droga ed era in contatto con gli spacciatori del luogo. Il primo luglio 1969 decise di comprare 25 Kg di marijuana per 2.500 dollari. Non avendo i soldi se li fece prestare da un altro spacciatore, Bernard Crowe, che agì come intermediario. Tex si intascò i soldi e tornò allo Spahn Ranch rubando in pratica i soldi all’intemediario. Crowe telefonò al ranch e fece arrivare il messaggio che se non avesse riavuto i soldi sarebbe venuto alla comune e avrebbe “spazzato via il ranch”.

Manson, insieme ad un altro componente della famiglia Thomas Walleman, andò con una calibro 22 (lo stesso calibro che sarà poi utlizzato per altri omicidi della comune) in casa di Crowe, sparandogli. Non lo uccise. Il giorno dopo uscì la notizia di un cadavere ritrovato di un nero appartenente alle Pantere Nere. In realtà Crowe non solo non morì, ma non faceva parte del gruppo politico e non ne era neanche un simpatizzante. Da questo momento però in Manson la paura di una rappresaglia delle Pantere Nere aumentò e cominciò la deriva totale della comunità. Chiamò una banda di automobilisti — Straight Satans —  per difendere la comune e cominciò a scambiare sempre più spesso macchine o altro per pistole, fucili e radio trasmittenti.

https://movimentocaproni.altervista.org/blog/levoluzione-sociale-americana

mercoledì 8 luglio 2020

Camminando per le strade di San Francisco

La nascita della comune

Charles Manson a 33 anni esce di prigione. Si dirige a San Francisco. Siamo nella primavera del 1967, precisamente ad Aprile, quando, appena un mese dopo la sua scarcerazione, incontra per la strada Mary Brunner. Tecnicamente ha inizio da questo momento l’avventura di quella che sarà chiamata la Famiglia Manson. Mary, 24 anni, abita nel quartiere di Haight-Ashbury e lavora come bibliotecaria all’ università di Berkeley. Una vita tranquilla fino a quel momento. Manson si trasferisce nell’appartamento della ragazza che nel frattempo ha lasciato il suo lavoro e i due diventano amanti. Girando senza meta a bordo del famosissimo Volkswagen Transporter T1 incontrano altre due ragazze: Lynette Fromme e Susan Atkins, entrambe di 19 anni. Quest’ultime, a differenza di Mary, avevano già fatto vita “di strada“. Lynette già all’età di 15 anni faceva uso di droghe. Riuscì comunque a diplomarsi ma dopo una lite con i genitori scappò di casa a 18 anni. Susan, che ebbe un’educazione cattolica, a 16 anni abbandonò la scuola e andò a vivere a San Francisco dove lavorò come cameriera in un albergo. A 18 anni fu trovata all’interno di un auto rubata insieme a dei suoi amici e si fece 3 mesi di prigione. Quando uscì, trovò lavoro come ballerina in topless in un locale notturno e cominciò a far uso di droghe pesanti.

(Volkswagen Transporter serie T1)

Arriva l’estate. E’ l’estate del 1967. La summer of love. A questo punto il gruppo è del tutto indistinguibile dagli altri gruppi hippie che si formavano in San Francisco. Predicano anche loro amore libero, pace e l’utilizzo delle droghe — in special modo l’LSD — per “espandere” la coscienza. Questo all’apparenza. Perchè cosa pensasse all’epoca “Charlie” e cosa avesse in mente di fare non lo sappiamo. In questo secondo giro il gruppo si allarga ad altre persone che diventeranno note: Patricia KrenwinkelPaul WatkinsBobby BeausoleilCatherine Share e Leslie Van Houten.

Il gruppo diventa una “famiglia” e si allarga sempre di più fino a contare un centinaio di persone. C’è da dire che comunque nel tempo molte di queste abbandoneranno la comune.

Il vecchio T1 è sostituito da un autobus scolastico dipinto di nero e Manson cerca un luogo stabile dove poter stabilirsi. Viene scelto lo Spahn Ranch, una vecchia location utilizzata per sceneggiare film western. Il proprietario è il quasi cieco George Spahn, 80 anni, che concede l’utilizzo del ranch in cambio di piccoli lavori di manutenzione e — secondo quanto verrà fuori durante gli atti dei vari processi — favori sessuali.

Tra gli ultimi stravaganti personaggi (ma non ultimi come importanza come si vedrà durante gli atti processuali) a unirsi ci sono Tex Watson e Linda Kasabian. Il primo frequentava la chiesa metodista ed era un ex studente liceale e atleta del Texas. Cominciò a lavorare per la compagnia aerea Braniff International e, durante un viaggio, incontrò alcune ragazze della famiglia Manson. Dopo poco tempo decise a 24 anni di unirsi alla comune. La seconda lasciò casa sua a 16 anni, e dopo un fallimentare matrimonio, a 19 anni si risposò ed ebbe una figlia. A 20 anni, dopo essersi nuovamente separata, si unì alla comune portando nel ranch la figlia.

(La comune all’interno dello Spahn Ranch)

Siamo all’inizio del 1969 e la comune è oramai stabile nel ranch. Non sono ancora stati compiuti delitti di sangue. Il primo delitto di un certo rilievo che la famiglia compie (e di cui siamo a conoscenza) è datato primo Luglio 1969: Charles Manson spara contro Bernard Crowe, un noto spacciatore afroamericano. Ci sono almeno due altri eventi (non criminosi) importanti da segnalare in questo primo periodo: la nascita del figlio di Manson avuto con Mary Brunner. Il figlio sarà poi dato in affidamento ai nonni materni dopo una battaglia legale. Il secondo evento è molto importante per la psiche di Manson, visto che si vedeva come nuovo profeta-cantante e voglioso di “sfondare” come cantautore. Patricia Krenwinkel ed Ella Jo Bailey, due apparteneti alla comune della famigla Manson, viaggiando in autostop vengono caricate da una stella della musica: Dennis Wilson, il batterista dei Beach Boys. In seguito Manson cercherà in tutti i modi di promuovere la sua muscica tramite questo aggancio.

Come si arriverà a creare dei killers da una comune hippie? Semplice: non si può. La si deve prima “trasformare” in una setta. Non sappiamo se era nei piani originali di Manson — probabilmente no — o se la strampalata teoria della guerra tra “razze” si verrà a costruire nel tempo — molto più credibile — ma sappiamo che questa “trasformazione” poteva avvenire principalmente solo se il leader era sufficientemente carismatico e la “platea” facilmente manipolabile. Fattori presenti e facilmente individuabili nell’isolata comunità di Manson.

Guardate ad esempio questi due video (traduco molto liberamente perchè l’importante più che le parole sono gli atteggiamenti diversi dei due).

– Il capo. Sicuro, aggressivo, che in pratica dice: “Non ho mai detto a nessuno di fare quello che non volevano fare. Quello che hanno fatto è perché lo volevano fare. Se vogliono uccidere sono affari loro, sono un ribelle, non un insegnante per bambini”.

(Charles Manson)

– La discepola. Dolce, spaurita. Di certo molto problematica. A 15 anni cominciò a far uso di LSD. Cercò numerose volte di scappare da casa e a 17 anni rimase incinta ma abortì. A 19 anni si unì alla comune di Manson. Dice: “Era una persona dominante. Alle volte era carino, alcune volte no ma era l’unico che dava l’impressione di sapere quello che faceva. Quando eravamo in acido lo ascoltavamo. Non ci comandava di fare delle cose ma ce lo suggeriva. Però il problema era che se non seguivamo i suggermimenti non entravano nelle sue grazie”.

(Leslie Van Houten)

Controllo della mente, isolamento, abuso di LSD. Insomma il lupo e l’agnello.

L’aspetto sociale americano

E’ improponibile avere un’ idea dell’evoluzione della comune di Charles Manson e della sua peculiarità se ci si astrae completamente dall’aspetto sociale di quegli anni in USA. I sommovimenti culturali e politici erano molti e diversi tra di loro ed è impossibile riassumerli qui. Li tratterò in maggior dettaglio nel prossimo articolo. Adesso si può aggiungere che i movimenti di protesta non si esaurivano con la controcultura hippie ma aveva varie forme: la lotta strettamente politica dei movimenti per i diritti civili, il movimento nero black panther, le divisioni all’interno del partito democratico. Inoltre fu un periodo di omicidi politici. I fratelli Kennedy, Malcom X, Martin Luther King. Per non parlare della guerra in Vietnam.

Questi argomenti, come ho scritto prima, saranno trattati nel prossimo articolo ma possiamo già dire, a titolo di esempio, che il primo atto criminale di Charles Manson, con il tentato omicidio di Bernard Crowe, si inserisce perfettamente nel contesto sociale di tensioni razziali del tempo e favorirà l’accettazione da parte di molti componenti della comune della teoria chiamata helter skelter.


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Il potere della persuasione è più forte di qualsiasi cospirazione

Come sapete mi sto appassionando ad una serie tv di NetflixAquarius. Ripercorre le vicende della comune di Charles Manson nei mesi precedenti quello che viene chiamato l’eccidio di Cielo Drive, compiuto tra l’8 e il 9 Agosto 1969. Questa comune era il classico ritrovo hippie tutto love and peace, come ce n’erano in quantità sparse negli Stati Uniti. Amore e pace, sì, in apparenza, ma la violenza, la coercizione, all’interno era incredibilmente notevole. La questione che mi ha incuriosito di più è stata questa: come si è passati dalla beat generation alla summer of love e infine all’omicidio? Si potrebbe dire che quella comune era un “caso a parte”. Questo è indubbiamente una parte — solo una parte — di verità perché, studiando a fondo quel periodo — per quanto a fondo si possa andare — si nota che alcune illogicità della “filosofia” avrebbero potuto portare a situazioni contrarie agli ideali originari.

Certo, il movimento è stato importante per l’affermazione di alcuni diritti civili che all’epoca erano veramante arretrati. Inoltre, il dopo-guerra è stato un periodo in cui la ritrovata pace spingeva verso una rassicurante omologazione, che però era assai pericolosa in quanto minava subliminalmente (alcune volte anche in maniera poliziesca) la libertà di pensiero.

Detto in altro modo, come si è passati da questo:

Ho visto le migliori menti della mia generazione
distrutte dalla pazzia, affamate, nude isteriche
trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa

(Howl,  Allen Ginsberg – 1956)

A questo:

Se andrai a San Francisco
assicurati di indossare dei fiori tra i capelli
Se andrai a San Francisco
incontrerai molte persone gentili laggiù

(San Francisco, Scott McKenzie – 1967)

Per poi arrivare qui:

(Susan Atkins, Patricia Krenwinkel, Leslie Van Houten – 1970)

Nella foto sopra ci sono Susan AtkinsPatricia Krenwinkel  e Leslie Van Houten che cantano allegramente una cazonetta mentre vanno a processo per i fatti di sangue noti come l’eccidio di Cielo Drive e l’omicidio LaBianca.

La società americana, imprigionata dalla smisurata povertà delle periferie metropolitane e dalla mancanza di libertà civile di molte minoranze, cerca in un primo momento la pacifica omologazione dei voleri e delle necessità. In seguito una sparuta minoranza cerca nelle forme artistiche — poesia e narrativa soprattutto — una volontà di riscatto. La protesta contro l’iniquità della società post-bellica esplode nelle poesie di Allen Ginsberg, nella narrativa poetica di Jack Kerouac. In seguito questa protesta diventa “massa”. In qualche modo si “volgarizza”. Non in senso dispregiativo, ma proprio nel senso che gli agitatori del movimento anti-establishment cercano di raggiungere più persone possibili, semplificando il messaggio. Dalla poesia alla piazza.

Durante le mie ricerche per ogni dove internettiano sono riuscito a trovare un video che mi ha parecchio interessato. Il video riguarda un programma talk show americano sulla questione giovanile e sul passaggio dalla beat generation alla generazione hippie. Si discute se la seconda sia l’evoluzione della prima o altro e diverso movimento e, questione che a me ha interessato perchè in tema con il mio dubbio sulla violenza nelle comuni, sulla organizzazione strutturale e sociale di queste comunità.

Il video non lo metto qui per ragioni di copyright. Per vederlo basta mettere su google questa ricerca: “Firing Line with William F. Buckley Jr.: The Hippies” e andate su video. Il video in questione è quello di 50 minuti e la parte della organizzazione va dal minuto 35 al minuto 42.

A questo talk show, presentato da William Buckley, con ospiti Lewis YablonskyEd Sanders ed un ubriachissimo Jack Kerouac si discute dei movimenti politici e sociali americani. Sintetizzo e traduco non proprio letteralmente i minuti dell’analisi dell’ organizzazione interna della comune.

Il conduttore chiede di spiegare l’ideologia seguita in modo religioso dal movimento spontaneista hippie e Yablonsky risponde che — grazie anche all’uso massiccio delle droghe e in special modo il nuovo e potentissimo LSD — ogni individuo è padrone di se stesso e agisce solo secondo la propria morale. A questo punto la nuova domanda di Buckley che chiede qualcosa del tipo :”ok ma se qualcuno fa qualcosa che danneggia una persona e non deve rispondere a nessun altro che a se stesso?“. E qui c’è il link che aspettavo, che non è — e questo è molto importante per non fraintendere il concetto — un legame sicuro di causa-effetto ma una possibilità logica che, per quanto remota, ha una sua plausibilità. Yablonsky risponde che infatti una volta ha assistito ad un assalto violento di un componente della comune verso un altro ed ha cercato di fermarlo ma gli altri appartenenti al gruppo non lo hanno aiutato perchè gli dicevano più o meno: “se lui sente di dover agire così, solo lui conosce la sua verità“. In pratica, se ognuno si fa la propria legge morale, mette la propria libertà sopra a tutto e non tiene conto di quello che è reale da quello che è indotto dal misticismo allucinato delle droghe, si arriva al paradosso della violenza parificata all’amore, in un turbine di concetti aleatori in cui tutto si confonde. A questo punto Sanders dice che nella realtà queste cose succedono solo nelle comunità molto isolate e che, per il fatto di isolarsi dal mondo, cadono in paranoie e atteggiamenti del tutto incongruenti con i valori del movimento stesso. Vale tutto, quindi non vale nulla e “faccio quel che mi pare”. Questo è il risultato. Di seguito poi continua con un’affermazione che mi sembra non coerente con l’ideologia hippie, nel senso che dice che nelle comunità a contatto con la società esterna queste situazioni non si verificano. Quindi, aggiungo io, da un lato le comunità pretendono di azzerare i valori sociali però dall’altro lato per non auto-distruggersi hanno bisogno di contatti con il mondo esterno. Cortocircuito logico.

Insomma, un casino. Ma il periodo era quello che era. Siamo nel 1967. A San Franciso, precisamente in zona Haight-Ashbury, si incontravano ragazzi e ragazze di tutti i tipi.

(Il famoso incrocio tra Haight e Ashbury Street – anni 50-60-70)

C’erano ragazzi e spesso ragazzine minorenni pacifiste e molto ingenue. E c’erano delinquenti comuni, squali, come Charles Manson, esperto rapitore di auto e magnaccia, che al tempo era appena uscito di galera.


https://movimentocaproni.altervista.org/blog/il-potere-della-persuasione-e-piu-forte-di-qualsiasi-cospirazione

www mi piaci tu

Comunicazione alla Camera della Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo in merito al disservizio del portale www.inps.it.

 

Alle ore 9 del 1° aprile erano già pervenute oltre 300 mila domande di indennità di 600 euro. A questo punto, in accordo con i tecnici Microsoft, che nel frattempo avevano effettuato il troubleshooting con i loro laboratori sulle cause che avevano portato al rollback del giorno precedente, l’INPS ha optato per riattivare il servizio CDN, questa volta su tecnologia Akamai, anche in considerazione del fatto che il servizio stava degradando a livelli non accettabili. Gli stessi tecnici del fornitore hanno configurato la soluzione predisponendo il sistema al servizio Akamai, che è stato attivato alle ore 10,20 del 1° aprile. Al momento dell’attivazione, come illustrato sempre dalla relazione INPS, si è palesato l’anomalo funzionamento del meccanismo di caching che di fatto ha provocato la replica di alcune schede anagrafiche presenti nel portale INPS, l’unico sottoposto a cache. Le applicazioni invece, risiedendo su altri domini non sottoposti a cache, non hanno risentito del problema di cache dei propri contenuti dinamici. Non appena sono emersi i primi segnali di un potenziale data breach, e per l’esattezza alle ore 10,30, è stato inviato il rollback della soluzione.

Alzi la mano chi ha capito!

Lavoro da parecchi anni nel settore dell’informatica ma devo ammettere che ho serie difficoltà a farmi un’idea di quello che è realmente successo durante il disservizio del sito web dell’INPS. Potrebbe essere una mia mancanza, non voglio e non posso parlare a nome di tutti gli informatici italiani. Una cosa posso dirla con certezza: sicuramente i non addetti ai lavori non avranno capito nulla.

Ho dovuto fare qualche ricerca online per farmi un’ idea vaga di quello che è accaduto. Dico vaga perché la certezza ce l’ha solo chi può leggere i log dei sistemi coinvolti. Mi scuseranno i puristi tecnici ma cercherò di dare una spiegazione la meno tecnica possibile ma che dia comunque l’evidenza della superficialità di come sia stata gestita la messa online del sito e la successiva emergenza.

Cominciamo con alcuni concetti base — scontati per molti — ma fondamentali per capire il senso generale del problema. Il sito web è un insieme di directory e file che sono i contenuti del portale e questi contenuti sono disponibili grazie ad una applicazione che risiede su uno o più server. Il client è il fruitore del servizio, e cioè l’utente che con il suo portatile apre il suo browser e digita il nome del sito. Il server — come ho scritto — rende visibili i suoi contenuti verso l’esterno. Il nome DNS di un sito è una traduzione “umana” di un numero chiamato indirizzo IP. Serve per facilitare la navigazione in quanto è più facile da ricordare www.sito.it invece di 10.10.20.20. La cache è banalmente un sistema per velocizzare l’accesso ai dati. In un sistema esistono vari livelli di memoria dove possono essere recuperati i dati e non tutti hanno la stessa velocità. Tipicamente nel mondo del web la cache viene fortemente usata per minimizzare l’accesso al server e massimizzare la rapidità con cui una pagina viene caricata. Nel cloud esiste il sistema CDN che utilizza questo meccanismo anche a livello geografico.

Ad esempio pensiamo ad una pagina con l’immagine del logo di una azienda e la sua organizzazione mentre su una pagina diversa — sempre dello stesso sito — una pagina con la sezione “news” e gli ultimi prodotti della ditta. E’ evidente che l’immagine dell’azienda è fisicamente presente nel server ma che senso ha accedere al server per caricarla ogni volta? Nessuno. Quindi entra in gioco la cache dei servizi cloud che è in pratica un sistema distribuito di “pezzi” di contenuto del sito in questione. L’immagine del logo viene distribuita su una moltitudine di apparati sparsi per il mondo e per l’italia. Pensate ad un utente di Roma che carica la pagina e prende il logo e il contenuto da un apparato situato nella stessa città invece che andare “fisicamente” a prenderlo dal server fisico installato in un CED a Milano. Oppure ad un utente in viaggio che al momento si trova in Cina il quale caricherà sul proprio browser l’immagine e il contenuto da un server situato in una sala macchina cinese invece che viaggiare per continenti fino ad arrivare a Milano. Il server web riceve meno richieste e quindi risparmia risorse e la pagina si carica più velocemente. Diverso invece è il discorso per la sezione “news” della pagina di cui stiamo parlando. Immaginiamo che le news siano date in tempo reale e che quindi il meccanismo di cache sia controproducente. L’utente vuole le notizie di adesso, non di ore fa.

Finita la doverosa premessa, che ammetto risulta molto semplificata ma lo spazio è quello che è, veniamo al punto centrale.

Viene impostata la CDN il giorno prima della partenza della pagina della richiesta dei 600 euro. Se fosse stata configurata bene sarebbe stata anche la scelta giusta. Il server DNS adesso è inps-cdn-a.azureedge.net mentre www.inps.it diventa il CNAME, in poche parole un alias. Si digita il nome del sito www.inps.it e si viene rediretti verso il sistema cloud distribuito di Microsoft Azure.

Il sito www.inps.it diventa un alias di inps-cdn-a.azureedge.net, la pagina “dinamica” per ricevere i famosi 600 euro è pronta sul sito. Dinamica perché — verosimilmente ma non l’ho vista — era una pagina in cui si doveva compilare una form in cui si specificavano alcuni dati tipo: nome, cognome, residenza, occupazione e così via. Questa veniva inviata al server e successivamente copiata nella cache. Tutta la pagina. I suoi contenuti statici e dinamici.

Avete già capito cosa è successo vero?

Mario Rossi compila la form con i suoi dati. La pagina con i suoi dati viene copiata nella cache e distribuita nel globo terracqueo.

Francesco Verdi entra nella pagina dei 600 euro e si ritrova loggato con il profilo di Mario Rossi.

Come scrivevo sopra non tutte le pagine vanno messe in cache. Tecnicamente va usato l’HTTP cache header in cui si configura se una pagina deve essere “memorizzata” per un riutilizzo veloce, per quanto tempo deve rimanere memorizzata nel sistema distribuito oppure se va dinamicamente ricostruita o richiesta sempre al sito originario.

Insomma quando si digitava www.inps.it non si andava sul server “fisico” ma sempre sulla distribuzione CDN. In pratica un alias, e si era diretti verso https://inps-cdn-a.azureedge.net/nuovoportaleinps/home.htm. La pagina caricata al cliente — chiunque accedesse — era sempre quella del primo utente nella propria area geografica.

Panico.

Si capisce subito il casino e si muove il garante della privacy. Cosa decidono di fare i tecnici? Tolgono la CDN. Tutte le richieste non vengono più cachate e vanno direttamente verso un unico server — o batteria di server — e l’applicazione esplode. Inoltre i record DNS ci mettono un po’ ad allinearsi e quindi alcuni utenti continuavano a vedere le pagine cachate, altri si ritrovavano la pagina corretta.

La violazione della privacy è talmente palese che ci saranno sicuramente ripercussioni legali per quanto è successo. Non è stato un attacco hacker o almeno, se lo è stato, è stato auto-inflitto.

Ah, vi state chiedendo il bando di gara per i servizi informatici quanto è costato?

La più recente gara del settore informatico, pubblicata il 26 maggio 2016, è relativa all’acquisizione di Servizi di “Application Development and Maintenance (ADM)”. E’ suddivisa in 7 lotti, per un importo complessivo a base d’asta di circa 360 milioni di euro (IVA esclusa) e durata contrattuale di 4 anni.



Germinal nei dintorni delle strade di Minneapolis

Versione sintetica.

Mi sono sempre considerato un riformista moderato. Alla luce dei continui problemi sociali che continuano a non trovare soluzione e che portano a violenze mi sto chiedendo se, per ottenere diritti legali, bisogna sempre passare dal conflitto e dalla violenza. Se fosse così, come storicamente è accaduto molte volte, mi sento di mettere in discussione la mia posizione politica.

Versione strutturata.

Germinal è un racconto di Émile Zola. Viene raccontato uno sciopero dei minatori francesi che si trasforma in pochissimo tempo in rivolta. Si svolge a fine 800; periodo di grandi sommovimenti sociali. Nel racconto tre protagonisti rappresentano le tre tipologie di “volontà di progresso” che all’epoca — ma si può dire anche oggi — compongono il variegato mondo della politica sociale.

 

Stefano Lantier, disoccupato che, costretto dalla crisi economica a trovarsi un lavoro sottopagato e non in linea con le sue competenze, simboleggia il “collettivista” duro e puro, l’intransigente, quello del “tutto o niente”.

Souvarine, intelettuale disilluso, è invece l’anarchico della distruzione per la ricostruzione. Pensa che gli incendi e il terrorismo siano la strada da seguire, che gli scioperi e i sabotaggi non siano altro che un rimandare quello che dovrà essere comunque fatto. Con la violenza.

Rasseneur infine rappresenta “il mondo possibile”. Quello che oggi si chiamerebbe la politica riformista. Ha una sua attività, una taverna, che spesso viene utilizzata per adunate politiche.

Devo dire che personalmente mi ritrovo nell’ultima posizione anche se — devo ammettere — gli ultimi episodi sociali stanno facendo vacillare le mie convinzioni. Quello che mi rattrista è che, per i grandi problemi che l’umanità spesso si trova davanti, il riformismo non “fa presa”, sembra non funzionare, anche se — a mio avviso — sia la posizione più razionale tra le tre. Deve sempre esserci una “rottura”, un evento catastrofico, affinchè si prenda atto che l’attesa della soluzione non è più procrastinabile.

Esempi grandi e piccoli ce ne sono. Più o meno calzanti con la rivolta di Minneapolis. Ma si fa per capirci. Che il debito pubblico fosse sul lungo periodo insostenibile nel mercato concorrenziale moderno lo si sapeva. Da molto. C’è voluta la crisi dei debiti sovrani, con la quasi fine dell’euro e dell’europa, per dare finalmente delle regole sulla spesa pubblica. Lo smart working, altra soluzione ai problemi di mobilità delle grandi città. Molte aziende lo facevano già, ma solo come “esperimento” e non come questione fondamentale per risparmiare ore e ore di tempo di lavoro buttato nel cesso delle tangenziali. Tempo improduttivo e inquinante. E anche qui c’è voluto il coronavirus per parlarne in modo serio e “definitivo”. Che dire poi della “questione operaia”. Una rivoluzione bolscevica, uno stato totalitario disfunzionale e anti-economico che facesse da “sentinella” per gli eccessi dello sfruttamento del lavoro. “Dateci lo statuto dei lavoratori o diamo un colpo di telefono in unione sovietica.” Questo, neanche tanto nascosto, era il “motore” dell’emancipazione operaia e del lavoratore. Sarò pessimista ma comincio a pensare così. Il miglioramento del benessere sociale ed economico del cittadino sul lungo periodo sembra una costante opera riformista, lenta ed inesauribile, proveniente dalla “collettiva razionalità dell’umanità” ma visto e analizzato in modalità giorno-per-giorno anno-per-anno, più che tesi-antitesi-sintesi sembra un’ opera di bombe, terrorismo e corruzione pubblica lavata con ghigliottine forcaiole.

La questione della violenza della polizia negli stati uniti nei confronti della minoranza nera è un fatto. Conclamato, appurato. Non sono “mele marce”, sono una larga maggioranza delle forze di polizia. E’ il “sentire comune” della divisa in america. Inutile girarci intorno. E’ una questione annosa, pluriannosa e non se ne viene a capo. Essendo un problema profondo e reale non si poteva — e non si può — affrontare in modalità simbolica. L’elezione di un afroamenticano alla casa bianca è una favola che l’america — ancora profondamente razzista — si è voluta raccontare.

Dopo la disgustosa scena in diretta streaming dell’omicidio del ragazzo afroamericano da parte del poliziotto a tutta prima sono uscite notizie da parte delle agenzie di stampa che accompagnavano la descrizione dell’evento principale con contorni di “persona fermata che appariva sotto effetto di alcol e droga”, “persona con pregressi problemi respiratori”, “problema medico”. Problema medico, rendiamoci conto.

Ancora, il reato viene classificato come “omicidio di terzo grado” che significa “situazione in cui, senza intenzione di uccidere, si provoca la morte di un’altra persona compiendo un’azione crudele e molto pericolosa per gli altri, mostrando di non avere riguardo per la vita umana”.

Ci prendiamo per il culo?

Voglio dire, se metto le mani intorno al collo ad una persona fino a che non respira più, lo sto strangolando o sto “compiendo una pericolosa azione senza intenzione di uccidere”?

Si è scritto — e per me è ancora peggio — che si è scelto di perseguire questo reato perché l’omicidio volontario sarebbe stato più difficile da dimostrare. Chiunque guardi quel video — intendo chiunque abbia una intelligenza nella media — comprende bene qual era la volontà del poliziotto e il diprezzo per la vita del fermato che trasudava dal suo incommentabile comportamento. Mi si può controbattere: “eh allora sei forcaiolo!”. No, proprio per il fatto che sono garantista, non voglio che qualcuno vada al gabbio purchessia ma per il reato che ha effettivamente commesso. Senza scappatoie. Se non si dovesse provare oltre ogni ragionevole dubbio il reato, il poliziotto non deve farsi neanche un giorno di galera. Questo è garantismo. Giudicare la persona per cosa ha fatto e non lavorare di fantasia per “trovare” un reato da “combinare” alla situazione.

Per quanto riguarda i saccheggi, c ‘è poco da fare. Se la vita umana non viene rispettata, se chi si sente derubato legalmente del principio più importante che è la propria vita, allora non vale più nulla, nessun tipo di norme legali avrà valore. Dal divieto di sosta alla difesa della proprietà privata. Le rivolte, come suggerisce la parola stessa, “capovolgono” l’ordine costituito legalmente.  Lenin scriveva che il primo atto di una rivoluzione è quello di svuotare le carceri. Niente condanna per una legge che non esiste più.

E torno a Germinal. Stefano Lantier proclama uno sciopero perchè la situazione non è più sostenibile da tempo. I minatori non hanno più soldi per comprarsi i generi di prima necessità. Lo sciopero diventa generale e — nonostante si cerchi di tenerlo pacifico — partono le prime distruzioni delle proprietà delle società minerarie. Vengono poi prese a sassate le case dei “borghesi”. Infine l’omicidio di un mercante che faceva prostituire le donne per un tozzo di pane. Al mercante una donna, la Bruciata, strappa i coglioni e li appende ad una forca e prosegue la manifestazione marciando con quell’affarino in bella mostra. La rabbia diventa rivolta violenta.

 

Questa rivolta violenta spazza via quello che per me è sempre stata la via maestra per il “mondo possibile”. Trovare sempre un compromesso razionale per la risoluzione dei problemi. A me sembra che ultimamente si cerchi di “far finta di niente”, di negare i problemi fino a quando poi non esplodono. Questa mancanza di coraggio, questo non volontà di riformare, da parte della classe dirigente tutta a me sembra pericolosa. La mia speranza è sempre che ci sia una via moderata per i problemi, anche i più complessi. Negli stati uniti la polizia, nella sua stragrande maggioranza, ha un comportamento razzista nei confronti delle minoranze etniche. Non è cambiato poi molto dall’Alabama del 1955. A questo punto la polizia statunitense non deve essere “riformata” ma “rivoluzionata”, non si scappa. Non entro nel merito di cercare una educazione civica migliore per combattere l’ignoranza perché il termine educazione fa molto stato etico e a me non piace molto a dirla tutta.

https://movimentocaproni.altervista.org/blog/germinal-nei-dintorni-delle-strade-di-minneapolis