domenica 9 agosto 2015

Da dove deriva Mafia Capitale

L'aspetto giuridico

Per quanto riguarda l'aspetto giuridico rimando totalmente a quello che ho scritto in un altro post.


E' importante leggere l'accusa perché durante il processo la difesa darà sicuramente battaglia in merito alla corretta formulazione del 416bis.

"[...] del delitto di cui all’articolo 416bis [...] per avere fatto parte di una associazione di stampo mafioso operante su Roma e nel Lazio, che si avvale della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti di estorsione, di usura, di riciclaggio, di corruzione di pubblici ufficiali" [Seconda Ordinanza, pag 12]

Che si presentino delle difficoltà nell'inserire l'aggravante di associazione di tipo mafioso (non associazione mafiosa "classica") si evince già dalla prima ordinanza in cui si legge:

"Gli indubbi elementi di originalità contenuti nella richiesta cautelare [...] consigliano un’enucleazione ex ante del metodo di analisi e di sussunzione della fattispecie concreta nella fattispecie astratta.
In concreto, in una prima approssimazione si determineranno gli essentialia di un’organizzazione di tipo mafioso [...] e, successivamente, si individueranno indici rivelatori della sua esistenza secondo la giurisprudenza, onde verificare, attraverso una comparazione con il modello legale, se essi abbiano un carattere storicamente e geograficamente determinato" [Prima Ordinanza, pag 27]

In pratica bisogna prima individuare gli aspetti caratteristici dell'associazione mafiosa. Secondo numerose sentenze si è arrivati ad evidenziare due aspetti peculiari: forza intimidatrice del vincolo associativo e condizione di assoggettamento ed omertà. Questi due aspetti definiscono la fattispecie criminale. Gli indici rivelatori invece sono molteplici e si possono riassumere in: segretezza del vincolo, comparaggio o comparatico tra gli adepti, vincolo gerarchico, l'accollo delle spese di giustizia da parte della cosca, diffuso clima di omertà, assoggettamento alla consorteria.

Quindi, l'accusa dovrà dimostrare che il gruppo di Carminati e Buzzi aveva una storia criminale e ha un presente riconosciuto tale per cui la sola presenza personale dei due o dei loro associati intimidivano e mettevano in condizione di obiettiva soggezione la controparte. E questo con o senza il ricorso alla violenza verbale o fisica. Inoltre i PM sono convinti che gli "indici rivelatori" non rivestono -- presi singolarmente -- caratteristiche dirimenti; in poche parole la mancanza di un (o più) indice non significa la negazione del 416bis.

Un esempio pratico in merito. Il controllo del territorio fatto dalla mafia classica è uno degli "indici rivelatori" che -- insieme ai due elementi costitutivi (forza intimidatrice, condizione di assoggettamento) -- forniscono una prova di fatto dell'esistenza del fenomeno criminale in esame. Questa forma di "antistato" non è pacificamente presente nella situazione del Carminati e del Buzzi. Quello che intende dimostrare la procura è che le associazioni di "tipo mafioso" lo sono anche senza la presenza di tutti gli "indici" che si trovano nelle mafie tradizionali.

L'organizzazione si muoveva in quello che veniva chiamato "mondo di mezzo", e cioè quello che unisce il mondo di sopra, fatto di imprenditori, funzionari, politici e il mondo di sotto, fatto di persone umili, oneste o meno, delinquenti di basso profilo e altro. Insomma, il gruppo interviene quando il mondo "altolocato" ha bisogno di soldi, voti o favori dal bassofondo. In una intercettazione ambientale Carminati lo spiega.

Carminati: è la teoria del mondo di mezzo compà... ci stanno… come si dice… i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo 
Brugia: embhè.. certo.
Carminati: e allora... e allora vuol dire che ci sta un mondo... un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici cazzo come è possibile che quello…
Carminati: come è possibile che ne so che un domani io posso stare a cena con Berlusconi...
Brugia: certo... certo... 
Carminati: cazzo è impossibile... capito come idea? ...è quella che il mondo di mezzo è quello invece dove tutto si incontra... cioè... hai capito? ... allora le persone... le persone di un certo tipo... di qualunque  
Carminati: di qualunque cosa... si incontrano tutti là.
Brugia: di qualunque ceto.
Carminati: bravo...si incontrano tutti là no?.. tu stai lì...ma non per una questione di ceto… per una questione di merito, no? ...allora nel mezzo, anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può  fare nessuno.
Brugia:  certo... 
Carminati: questa è la cosa…e tutto si mischia [Prima Ordinanza, pag 37]



L'aspetto storico



Partiamo con il definire il capo -- secondo i PM -- della organizzazione di Mafia Capitale, Massimo Carminati.

"Sul piano soggettivo Mafia Capitale si è strutturata prevalentemente attorno alla figura di Massimo CARMINATI, il quale ha mantenuto e mantiene stretti legami con soggetti che hanno fatto parte della Banda della Magliana o che comunque le gravitavano intorno." [Prima Ordinanza, pag 36] 

Massimo Carminati -- detto "il cecato" o anche "il pirata" -- era un militante del movimento politico eversivo di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionati (NAR). Negli anni 80 stava prendendo sempre più potere a Roma la organizzazione criminale "Banda della Magliana", un gruppo apolitico che però, per puri interessi "commerciali", aveva contatti con gli ambienti dell'eversione nera; questi contatti erano tenuti da Alessandro D'Ortenzi il quale conosceva un ambiguo professore, Aldo Semerari, molti vicini agli ambienti militanti (e militari) dell'estrema destra. Questo professore riteneva comunque proficua la collaborazione con ambienti criminali comuni nell'ottica di una destabilizzazione dello stato, oltre che ovviamente per autofinanziamento. Non tutti erano d'accordo sulla collaborazione e, da parte dei militanti politici, c'era una sorta di diffidenza verso quelli che venivano visti come semplici criminali comuni senza ideologia e quindi facilmente corruttibili, dediti ai "tradimenti" continui per soldi.

Carminati fu della stessa idea del professore. Infatti si ritagliò uno spazio importante come trait d'union con i vertici della banda della Magliana. L'episodio che ne sancì la definitiva autorevolezza del Carminati fu la trattativa per la liberazione di Paolo Aleandri, ex militante di "Ordine Nuovo" poi passato in un'altra organizzazione neofascista chiamata "Costruiamo l'Azione". Aleandri fu tenuto in ostaggio dai membri della banda della Magliana in quanto non restituì un borsone pieno di armi. In questo borsone -- per avere un'idea della potenza criminale a cui era arrivata la banda -- c'erano un mitra di fabbricazione cecoslovacca, un fucile, alcune pistole e rivoltelle e un paio di bombe a mano modello SRCM.

A questo punto si attivano Carminati (insieme ad alcuni militanti) e il professore Semerari per tentare di "ammorbidire" il gruppo della Magliana, capeggiato in quel periodo da Franco Giuseppucci. Semerari era considerato intoccabile un po' da tutti in quanto aveva molte conoscenze in ambito politico ed è quindi la sua presenza che non fa precipitare la situazione tra le due organizzazioni.

Nel tempo Carminati si legò sempre di più alla banda criminale anche se continuava a militare nei NAR; un aspetto che facilitò la fuoriuscita dal "mondo della lotta politica" fu il fatto che i soldi recuperati dalle attività criminali dovevano andare a finanziare "la lotta", l'idea sovversiva di destra. In pratica, l'afflusso continuo di denaro e la possibilità di spenderlo individualmente (almeno in parte) e per scopi di puro divertimento favorì l'approdo più o meno ufficiale di alcuni esponenti dei NAR verso la banda. O comunque l'utilizzo delle strutture politico-militari venne dirottato per attività del tutto non politiche. Che il Carminati avesse ormai un ruolo attivo e riconosciuto (anche) all'interno della banda della Magliana fu provato dall'episodio del ritrovamento dell’arsenale custodito da Biagio Alesse nei sotterranei del Ministero della Sanità. Infatti era l'unico dell'area dell'eversione nera ad avere accesso -- insieme ai componenti storici della banda -- al luogo dove erano nascoste le armi.

Siamo nel periodo stragista e con i servizi segreti che "lavorano e non lavorano". Periodo difficilissimo, la cui analisi potrebbe portare ad un eccesso complottista, ma -- in questo caso solo per far notare in quale ambiente si muoveva il Carminati -- si può dire che quelle armi erano "bollenti" infatti...

"[...] rinvenimento, in data 13.01.1981, a bordo del treno espresso Taranto-Milano, di un borsone contenente tra l’altro armi, munizionamento, un quantitativo esplosivo dello stesso tipo di quello utilizzato per la strage e due biglietti aerei emessi a nome dei cittadini stranieri Martin DIMITRIS (valido per il volo Milano-Monaco delle ore 20,00 del 13 gennaio) e Raphael LEGRAND (valido per il volo Milano-Parigi delle ore 18,15 del 13 gennaio), entrambi rilasciati il giorno precedente [...]
Più in particolare, l’incolpazione del CARMINATI in ordine all’inscenato rinvenimento era basata sul fatto che, stando alle sopraggiunte dichiarazioni dell’ABBATINO, una delle armi in questione (fucile M.A.B.) recava peculiari caratteristiche, dovute a modifiche artigianali, che ricorrevano in un identico esemplare facente parte dell’arsenale della Banda della Magliana custodito nei sotterranei del Ministero della Sanità; esemplare infine prelevato dal CARMINATI e mai restituito (si trattava di una delle armi che a suo tempo erano state consegnate alla Banda per ottenere la liberazione dell’ALEANDRI) [Prima Ordinanza, pag 43]

Insomma, i servizi segreti depistano le indagini sulla strage di Bologna facendo trovare a bordo di un treno delle armi; una di queste è la stessa (si presume e secondo indagini) prelevata dai sotterranei del Ministero della Sanità da parte di Carminati. Questo era il mondo in cui agiva l'odierno indagato per mafia; questo è uno dei compagni di attività economica che si è scelto il Buzzi.





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